Ci vuole tanto coraggio a fare un disco post-rock oggi come oggi, il rischio di cadere nella monotonia è sempre dietro all’angolo, anche se parlare di post-rock, ambient o quel che sia per gli abruzzesi Death Mantra For Lazarus forse è un pò riduttivo, tuttavia dovranno fare comunque i conti con un tipo di sonorità che ormai ha dato tutta la sua espressione e che ha bisogno di evolversi più che mai. Ma facciamo un passo in dietro e vediamo che c’è da scoprire con questa formazione strumentale.
I Death Mantra nascono dalle costole di tre gruppi già all’attivo da alcuni anni, ovvero dai Zippo, Keep Out e Negative Trip e dopo essersi meritati una certa credibilità con i concerti live danno alle stampe questo disco dal titolo alquanto curioso, MU. Veniamo ora alla parte dell’ascolto, l’iniziale “Atlantide” parte un pò col piede sbagliato facendo presagire che ci ritroviamo davanti l’ennesimo gruppo copia di Mogwai ed Explosions in the sky e sinceramente il violino di chiara derivazione classica non aiuta, ma un bel “colpo di reni” riesce a darlo la successiva “Carousel” che con quelle sue chitarre così “intime” e le percussioni dalla cadenza a volte tribale ci ammalia si dall’inizio, un “mare” apparentemente calmo che poi diviene “tempesta” tra distorsioni e colpi violenti alle pelli.
La title track “Mu” riporta un pò a certi Giardini Di Mirò di vecchia data, il minutaggio elevato e il continuo rincorrersi di corde dopo un pò perde il suo fascino e si rischia la noia. Con “Opinion is not math” si và a mettere un pò di “carne sulla brace” grazie alla giusta dose di psichedelia e suoni potenti, mentre l’unica voce presente in MU la si trova in “Maria Callas”, prestata da Umberto Palazzo, voce del Santo Niente e “orfano” dei Massimo Volume, un suggestivo reading dalle tinte scure che esplode solo dopo un lungo lancio. Siamo giunti all’ultimo e i Death Mantra sono un pò sul filo del rasoio, ma devono aver tenuto appositamente la chicca migliore per il finale; “Boreale” è un pezzo tipicamente post-rock con quella sua linea di basso così essenziale e presente è come un “trapano” nel cervello, è sempre il classico “dalla quiete alla tempesta” con innumerevoli stratificazioni di chitarre ma è comunque in grado di tenerci lì fino alla fine senza stufare minimamente.
Questo “MU” alla fine riesce a farcela, tuttavia i Death Mantra dovranno decidere di assumere una identità più definita e cercare di scrollarsi di dosso certe sonorità ormai ristagnanti.
(Andrea Tamburini)