Ci sono dischi che, se ascoltati in particolari momenti della vita (o della giornata), acquistano maggior valore e forse vengono realmente compresi ed apprezzati. Questo è il caso del secondo disco di Guido Maria Grillo, un giovane artista nato a Salerno che nel 2006, dopo aver vinto alcuni prestigiosi concorsi, ha avuto l’opportunità di aprire concerti di diversi artisti importanti, tra i quali Battiato, Max Gazzè e Caparezza.
Quello che maggiormente prevale è la sua voce angelica che oscilla tra quella poetica e commuovente di Jeff Buckley e l’estensione vocale di Rufus Wainwright. Sono tutte canzoni suonate al pianoforte e questo rende il disco molto omogeneo sia a livello strutturale che (soprattutto) lirico. I testi sono intrisi di una malinconia e di un pessimismo disarmante come da tradizione del cantautorato nostrano unito alla teatralità di Antony Hegarty. Ecco il motivo principale della frase che apre la recensione. Sicuramente brani come “Forse ancora“, “Canzone per me“, “Avrò cura di te“ sono quelli che meglio rappresentano il valore di questo artista unico. Nel cd è presente una personale rilettura de “Il sogno di Maria“ di Fabrizio De Andrè; una delle più grandi passioni di Guido Maria tanto da portarlo a dedicargli una tesi di laurea.
Forse alcune volte pecca di eccessiva leziosità nell’utilizzo della sua voce, come ad esempio nell’iniziale “Preghiera“ o nella conclusiva “L’amore più segreto”, ma è certamente l’unico difetto di questo album. Sicuramente ci troviamo davanti ad un artista ed ad un album molto particolare, adatto solo ad ascoltatori attenti e disposti ad ascoltarlo più volte per riuscire a comprenderlo ed apprezzarlo come meriterebbe. Procuratevi una copia del cd, ascoltatelo rigorosamente in cuffia e lasciatevi cullare dalla sua voce. Dategli tempo e vi entrerà di prepotenza nel cuore.
(Cristian Zaffaroni)