Notevole balzo in avanti per i bolognesi Forty Winks, che danno alle stampe la loro terza fatica discografica per l’ottima Unhip Records. Messi da una parte i retaggi pop-punk (per fortuna aggiungo io, opinione personale e contestabilissima) degli esordi, la band bolognese torna dopo sei lunghi anni con un album assolutamente a fuoco, vario, divertente, stiloso e lontano anni luce dalle melodie zuccherine di facile presa dei precedenti lavori.
Un ottimo album rock, insomma, mettetela come volete, perchè che si parli di alternative, brit, indie, sempre di rock si parla, le varie diciture aiutano solo ad inquadrare meglio il sound del gruppo. E, in barba a tutti, sapete che aria si respira tra le 11 tracce di questo (adoro questo titolo fumettoso!) Bow Wow? Ebbene si, riempirete i vostri polmoni con le atmosfere dei meravigliosi sixties, delle melodie californiane dei Beach Boys, o dell’irriverenza dei primissimi Kinks, o delle sempreverdi armonie beatlesiane. Un disco con un’anima sixties, dai suoni profondamente nineties, ma che suona assolutamente attuale e per niente datato, niente male, no? Aggiungete poi una buona dose di potenziali mini-hit alternative e il gioco è fatto, ovvero un gran bel disco. Canzoni dal taglio moderno come “Beneath Her Feet”, “Somersault”, “Meet You At The Bar” sono assolutamente irresisitibili, infarcite di umori brit (chi ha detto Supergrass?), un cantato che potreste attribuire addirittura ad uno Scott Weiland in libera uscita dagli Sone Temple Pilots, e un sound che ti porta dalle parti dei primi Foo Fighters, quelli meno robusti e più scanzonati. Il sound sessantiano è sempre presente, tiene incollati tutti i vari pezzi, sia che faccia da tappeto in alcuni brani come i tre già citati, o che esploda definitivamente in altri come “One Last Round”, “I Feel Dead”, “Outta Love”. L’amore per il punk viene dichiarato solamente nella finale “Ain’t Good Enough”, veloce come un proiettile e rigirosamente sotto i 2 minuti, come ogni buon pezzo punk che si rispetti.
Vi invito calorosamente ad immergervi in Bow Wow, per assaporarne i colori, gustarvi il suo impasto accattivante di sonorità moderne e retrò, vi invito ad ascoltarlo perché altrimenti non mi credereste mai se vi dico che in “Mannequins” i Foo Fighters sono rimasti chiusi nella DeLorean di “Ritorno Al Futuro” e si sono ritrovati nel ’65 o giù di lì, oppure che “Way Out” sembra suonata dai cugini Oxfordiani dei Black Rebel Motorcycle Club sbronzi all’uscita del pub. Se non mi credete avete un motivo in più per ascoltarvi questo disco, oltre al fatto che potrebbe essere l’ideale colonna sonora della vostra estate alternativa. Buon divertimento!
(Andrea Gnani)