Scrivere degli I’m From Barcelona è come fare un salto nel passato, quando c’erano gli Aqua o i Cartoon che ti prendevano per mano e ti portavano nel loro mondo, colorato ma di plastica. E quando si mette su un disco degli I’m From Barcelona la sensazione è un po’ questa, come se ci si svuotasse la testa da tutto, come il momento in cui ci si riprende dal mal di testa alcoolico, quando si sturano le orecchie e tutto appare meraviglioso, come quando ad Aprile prendi lo scooter per la prima volta alle cinque del pomeriggio. Insomma una di quelle sensazione di leggerezza che ogni tanto fanno bene all’umano spirito.
E così la comitiva (chiamarlo “gruppo” è limitante, dato che sono ben ventinove elementi) torna ad affacciarsi sulle scene a tre anni dal poco più che passabile Who Killed Harry Houdini?. Certo, siamo lontanissimi anche da Let me introduce my friends, ma stavolta il gioco funziona. Il lavoro è incentrato sulla voce di Emanuel Lundgren più che sull’effetto corale del primo lavoro (basti pensare a “Treehouse” del primo album e confrontarla con “Charlie Parker” o “Can see Miles” per notare la differenza tra i volumi delle varie voci), ma risulta un ottimo lavoro pop, nel senso più letterale del termine, con melodie e ritornelly assolutamente catchy – una su tutte “Always spring”, che ricorda molto da vicino Fascination degli Alphabeat. La title-track “Forever Today” si apre con un’intro solenne, per un pezzo molto lento, ma non quel lento sfrangiaballe, quel lento bello e rilassante, come ascoltare “Hoppipolla” dei Sigur Rós mentre si torna a casa strafatti. Ma finché c’è il “Dr.Landy” al nostro fianco, possiamo stare tranquilli.
La menzione speciale va a “Get In Line”, che tra l’altro è stata scelta anche come primo singolo. In bilico tra la musica del ghetto con i cori R’n’B e le atmosfere dei MGMT, è di gran lunga l’esperimento maggiormente efficace all’interno di quest’ottimo lavoro, che entra in testa già dal secondo ascolto complessivo. Voglio proprio vedere chi riesce a resistere dal canticchiare l’intro di “Battleships”…
(Mario Mucedola)