È passata una decade da quando, nella malinconica Genova che ancora doveva attendere i fattacci per cui è tristemente famosa, due ragazzi, Attilio Buzzone ed Ettore Di Roberto iniziarono a porre le basi di quella che diventerà una delle band elettroniche di maggiore importanza a livello nazionale. I Port-Royal celebrano i loro dieci anni di attività regalando un album doppio, raccolta di quanto era disperso fra compilation, b-side ed ep. Doppio cd, 33 pezzi, 2 ore e 39 minuti, gli anni contenuti li sapete già.
Il primo disco comprende Kraken, ep del 2002, quattro pezzi in cui si delinea già lo stile che andrà consolidandosi. Chitarre, synth e campionatori si mescolano in un sono lieve, impalpabile, estremamente malinconico. “Roliga Timmen” nella prima versione del 2003 precede parte di Honved ep. Suoni liquidi a tratti indefiniti sembrano descrivere un’alba nordica, con i piedi ben piantati sul molo di un porto. Eva Green introduce “Magnitogorsk”, parte dello split realizzato con Absent Without Leave, mentre i tre pezzi finali sono i più recenti lavori, legati all’ultimo full lenght: Dying In Time; sono “Electric Tears (Nothing’s Gonna Change)”, “Günther Anders” e “Hans Kelsen”.
Il primo disco, nonostante l’ampio lasso temporale attraversato, risulta omogeneo. È evidente la caratterizzazione eterea, molto improntata verso atmosfere ambient. Non è consigliabile a chi si avvicina per la prima volta ai Port-Royal, ma a chi li ha saputi amare, a chi vuole l’ennesima conferma della loro onirica delicatezza, a quelli che si sono persi qualcosa nella svariata discografia dei Port-Royal.
Molto interessante è il secondo album, composto da diciotto remix effettuati su pezzi di altri artisti, più o meno noti. Si dicono remix, ma si possono leggere come massicce manipolazioni. Stravolgimenti con un tocco indelebile e facilmente riconducibile ai nostri. Vi sono compresi brani che fanno da contrappunto con il disco precedente, come “We All Wanna Be Prince” di Felix Da Housecat e “Tomorrow” di Ladytron con fascinazioni elettro-rock. C’è il pop a tratti sbarazzino di “You+Me+Ever” di Cruiser. Ci sono gli anni ’80 dai colori lisergici e saturazioni violente, citati nel rmx di “Hands And Knees” dei Dag For Dag. Sono inoltre presenti I Tre Allegri Ragazzi Morti con “La Faccia Della Luna”, versione molto cupa con una reiterazione del messaggio finale della canzone, su una parte musicale disorientante e Il cielo di Bagdad con “L’Ultimo Gesto”.
Questo secondo lato (non solo in senso fisico) palesa la grande ecletticità del gruppo genovese, ennesimo segno e riprova delle loro qualità.
(Mr_n)