Anna Calvi arriva per la prima volta in Italia per una serie di date, due nella sola Emilia Romagna (Sabato 09 Aprile al Locomotiv di Bologna ed il giorno successivo al Bronson di Ravenna), e lo fa in grande stile sicchè si ritrova con i locali che sfiorano il sold out. E questo è un dato da non sottovalutare se si pensa che Anna Calvi all’attivo ha solo un album (leggi recensione). Bellissimo, senza un ombra di compromesso con il mercato musicale e con tutta la stampa specializzata innamorata follemente di lei. Nessun patto per arrivare così presto e così in alto o forse sì, a patti con qualcuno è scesa per ritrovarsi quella voce straordinaria capace di ammutolire all’istante chi stava perdendo la pazienza per il ritardo sull’inizio dell’esibizione (doveva iniziare alle 22 o giù di lì e c’è da dire che è pur sempre domenica per chi ha ancora un lavoro). Dicevo, forse sarà venuta a patti proprio con quel Diavolo che durante la serata “omaggerà” con un brano (“The Devil”, appunto) grondante pathos e meraviglie. Intanto sono le 23,00 ed il pubblico è visibilmente innervosito da questo ritardo. Qualcuno urla che dopotutto “domani si lavora” e l’andirivieni continuo di un roadie sul palco non fa che aumentare l’attesa ed il nervosismo. Dopo qualche altro minuto arriva la band: sono in 4 a prendere posizione. Anna sembra uscita da una foto degli anni ’30 con la sua mise da diva d’altri tempi: Camicia di seta rossa, pantalone nero, tacco alto, rossetto rubino a disegnare le labbra e capelli con la riga di lato raccolti in un crocchio che ne esalta i lineamenti leggermente spigolosi e severi, in evidenza soprattutto quando canta.
Ci si mette un attimo ad accorgersi che nell’ensemble manca il basso. Poco male perchè sinceramente non se ne sentirà la mancanza. La Calvi inizia a dare sfoggio del suo carisma suonando il pezzo strumentale che apre il disco, quella “Rider to the Sea” con la chitarra suonata come se fosse un arpa elettrificata, il richiamo di una Sirena ammaliatrice. Seguono a ruota, sfilati come i grani di un rosario musicale, tutti i brani del suo album di debutto: “I’ll be Your man”, “Suzanne and I”, “No more words”, “First we kiss” (da pelle d’oca), “Moulinette” (brano presentato come singolo prima che uscisse l’album). Purtroppo però si scuserà con il pubblico per un problema al polso che non le permetterà di suonare la chitarra durante tutta l’esibizione, in suo aiuto ci sarà un membro della sua crew come secondo chitarrista. Ma l’ovazione degli astanti arriverà quando la band attacca a suonare “Desire” che ne suoi versi ospita nuovamente il mefistofelico Signore delle Tenebre nominato qualche riga fa (“Hold my life like I’ve never done/But it’s just the devil in me, the devil that’s calling as I come undone.”). C’è spazio anche per due cover che sembrano oramai aderire perfettamente, come un capo di alta sartoria, sulla sua pelle: L’irrequieta “Jezebel” (scritta da Wayne Shanklin ma resa universalmente celebre grazie all’interpretazione della stessa da parte di Edith Piaf) scuote violentemente con le sue percussioni tribali il Bronson, nondimeno l’altra cover che va a scomodare il Re del Rock, tale Elvis Presley, con il brano “Surrender”.
La mente non può che viaggiare all’indietro nel tempo e soffermarsi nel 1994, anno in cui uscì quel capolavoro che risponde al nome di Grace ad opera dell’angelo Buckley Jr., e alle reinterpretazioni di alcuni brani (“Halleluja” di Leonard Cohen e “Lilac Wine” di Michael Shelton) che divennero di diritto e meritatamente di proprietà di Jeff. Diverse sono le similitudini che accomunano i due musicisti (la Calvi e Buckley figlio) a partire dall’intensità mozzafiato con la quale interpretano le proprie composizioni sul palco fino all’estensione vocale in grado di passare da un tono basso e imperioso ad un acuto cristallino con la facilità di uno schiocco di dita, non ultimo il tributo inconsapevole e involontario che Anna fa a Jeff con il brano “Morning Light”, eseguito nello striminzito bis, il quale accarezza in modo sensualissimo proprio quella “Lilac Wine” presente nell’album di debutto del musicista americano. Il set termina a poco meno di un ora dal suo inizio e nonostante l’estenuante attesa iniziale il pubblico continua ad applaudire riempiendo il vuoto lasciato dai quattro musicisti che purtroppo non torneranno per un ultimissimo brano.
A ben guardare il palco ci si accorgere che sullo sfondo della scenografia c’erano delle nuvole che coprivano un cielo altrimenti limpido e non, come ipotizzato dal patto di Anna col Diavolo, le fiamme di un Inferno. Anna Calvi sicuramente è un essere vivente dotato di una sensibilità (e di una voce) speciale mandata giù dal Cielo per riempire un vuoto generazionale tra i cantautori che da tempo manca, ed è probabile che il Diavolo sia venuto a tormentarla soltanto per darle qualche spunto in più nei testi… o semplicemente per ammirare la sua grazia.
(Antonio Capone)
Foto: Anna Blosi