A Pisogne, ho ritrovato uno strano modo di vedere “il locale”. Il KAG è un posto strano, in bilico fra un centro sociale e un bar, essendo niente di tutto questo. Un luogo all’insegna della socialità, dell’attivismo, del “trasformiamo questa città in un’altra cazzo di città”. Gli ideatori di questo, definiamolo posto, sono un gruppo di giovani con tanta, tanta, tanta voglia di fare, una “macchina culturale giovanile”. E questo si, mi piace! Niente intento lucrativo, diversi dai molti locali, trasformati in associazioni culturali, solo per esigenze fiscali o burocratiche. Vera passione e senso civico, queste sono le basi da cui bisogna ripartire, per noi stessi e anche per la collettività. Terminato lo sfogo spontaneo, possiamo passare a quel che fu.
Sul palco in programma ci sono i Don Turbolento, duo bresciano formato da Giovanni Battagliola e Dario Bertolotti. Coppia di fatto atipica, composta da una batteria con ritmica anni ’70 e synth aggressivo. Un punto d’incontro in quella prima metà degli ottanta che videro la pubblicazione di quei capolavori come Speak & Spell, i primi album degli Yello, la fase meno cupa dei Kraftwerk o gli intramontabili Devo presi senza strumenti a corde (esempio calzante in “S.I.B.”) sostituiti dal nostro fedele amico a quattro zampe: il Moog. Oppure influenze più recenti come qualcosa dei Trans Am, Supesystem, Hot Chip, Daft Punk e via discorrendo.
In sintesi una batteria che spinge in modo ritmicamente ossessivo, senza perdere un colpo accompagnata e quasi fusa ad un synth che non concede tregua, il tutto costruito sapientemente in modo artigianale. Mentre la colonna vertebrale non riesce ad arrestarsi, scossa fino al midollo; seguita in rapida successione dalle natiche e poi dal capo che non riesce ad arrestarsi al forsennato ritmo.
Alt! I Don Turbolento non sono solo pezzi di immediato ascolto, con indole danzereccia, distaccati dal mondo discotecaro solo perchè nettamente più fichi. Come i già citati Yello, sono presenti anche momenti più statici e riflessivi, uniti a digressioni in stile psichedelico. Viaggi lisergici che sull’album omonimo sono solamente accennati; ma nei live si sa è tutt’altra cosa e canzoni come “I wanna be your dog” dell’imperituro Iggy, diviene un violento trip introspettivo, cantato con voce distorta che diventa puro strumento. Il concerto si svolge con un’incredibile alternanza dei suddetti momenti, da far rasentare la schizofrenia. Ci sono tutti i brani dell’omonimo album del 2008: “Disappointed”, “Spend the night on the floor”, “Idwhyp guitar”, “Take it up”, “Jingo & Nina”, spesso riarrangiate, probabile anteprima dell’evoluzione che si compirà nel nuovo album c’ha da venì?
(Mr_n)
Foto: Mr_n