Questo disco è una fiaba. Malinconica, eterea, del colore notturno del mare. Quindi, non poteva che iniziare così. C’era una volta in Sicilia un giovane di nome Cola che stava tutto il giorno in spiaggia a prendere il sole. La notte, poi, sognava le meraviglie degli abissi marini vagheggiando di splendidi palazzi di cristallo abitati da sinuose sirene. Il lavoro, puah!, non gli voleva calare e quella povera donna di sua madre era talmente disperata che un giorno gli gridò contro: “Figlio mio, se non ti ravvedi possa tu trasformarti in pesce!”. Ma alla donna andò peggio. Si ritrovò un figlio cantautore. E per di più di talento.
Lorenzo Urciullo è uno che non perde tempo. Alfiere dell’indie pop nostrano con gli Albanopower (loro la folle idea di coverizzare interamente il Mellon Collie degli Smashing Pumpkins con l’aiuto di una fitta schiera di musicisti siciliani e tanto di benedizione da Mr. Corgan), compagno di viaggio di Casador/Raina nel progetto Santiago su e giù per lo stivale e, infine, mente e cuore del progetto Colapesce. Il tutto in un paio d’anni, giusto per non annoiarsi.
Nato quasi per caso, senza un nome e una direzione precisa, durante l’estate del 2009, Colapesce ha acquisito una sua ragion d’essere solo durante gli ultimi mesi.
Tutto è iniziato con tre brani registrati per partecipare, come autoproduzione, allo scorso Premio Ciampi. Grazie agli ottimi riscontri ottenuti, le cose hanno preso quasi da subito una piega differente, portando alla realizzazione di questo primo, omonimo EP. Non stiamo parlando però del solito extended play con uno o due pezzi forti e qualche riempitivo per spianare il terreno all’LP in cantiere. Qui ci troviamo davanti a un lavoro che ha la dignità artistica di un vero e proprio album. Sei brani, uno più bello dell’altro. Un folk dalle tinte fortemente oniriche, capace di essere estremamente legato alla tradizione d’autore italiana pur suonando attuale e con lo sguardo ben rivolto verso le produzioni estere (indicativo, in tal senso, la scelta di voci eteree e mai in primo piano). Un romantico connubio tra passato e presente che riecheggia nei bellissimi versi iniziali di “Fiori di lana”: “Un hard-disk pieno di poesie non vale nulla se non ci sei tu / Ti prendo ti porto via da qui, in un posto dove non cresce l’addio”. Il dream folk di Colapesce è qualcosa a metà tra il primo Neil Young e i chansonnier degli anni Sessanta, con tracce del post-folk dei Sigur Ròs più recenti. L’EP si apre e si chiude con due brevi poesie in musica, “Amore sordo” e “Sera senza fine” (per il quale è stato realizzato un video che è un piccolo gioiello di postmodernismo), ulteriori testimonianze delle innegabili doti liriche di Lorenzo Urciullo. C’è spazio poi per il beat italiano di “La guerra fredda”, la battistiana “Resistere etc.” e la splendida cover di Leo Ferrè “Niente più”. Speriamo solo che questi alberi di prosa e nostalgia ci riservino frutti altrettanto dolci in futuro. Niente più, davvero.
(Federico Anelli)