I Sophie Lillienne sono una creatura oscura e sintetica, in giro ormai da qualche tempo tra le particelle radioattive che galleggiano sui cieli della nazione. La band di VeZzO, nata nel 2006, ha già alle spalle un full-lenght e due EP. L’ultimo, Singe EP, uscito l’anno scorso, era un goloso antipasto di questo Lies, Kisses and Redemption, prodotto da VeZzO e da Tommaso Mantelli (Captain Mantell e, ormai, ex TDO) con ospite al rhodes e al violino l’altro ex (?) teatrante horror Nicola Manzan.
Il nuovo ellepì dei Sophie non fa altro che rafforzare le impressioni già fornite dal precedente EP, sia quelle positive che le (poche) meno convincenti. Partiamo dalle prime. Il suono conferma quel respiro internazionale che già era emerso in Singe EP, sapendo miscelare con gusto quasi trent’anni di synth-pop ed elettronica anglosassone, in particolare nei brani che si rifanno con insistenza agli stilemi della dark-wave d’oltremanica. Questo anche grazie alle doti interpretative di VeZzO, il cui cantato decadente e teatrale (senza mai essere per questo eccessivo) rimanda ai vari Dave Gahan, Robert Smith, Marc Almond, Midge Ure e soci. I tre brani che già avevano convinto nel precedente lavoro (“Singe”, “Human Nature” e “Vivienne”) sono accompagnati da altrettanti senza dubbio all’altezza, se non superiori. “Lights”, “Trustful” (da brividi qui i violini di Manzan), “Stronger”, “Some More” e “Virtual Kiss” sono cinque gemme seducenti e oscure che meriterebbero di essere esportate e fatte conoscere anche al di fuori dei confini nazionali. Decisamente meno incisivi, invece, i restanti quattro pezzi che completano la dozzina inglese dell’album, dove emerge una certa piattezza compositiva. Otto su dodici sarebbe comunque una media qualitativa da far invidia a molte produzioni nostrane ed estere. Ma Lies, Kisses and Redemption, un po’ incomprensibilmente, non finisce qui. Seguono infatti altre sei tracce, che sono riadattamenti in italiano di altrettanti brani già presenti nell’album. Ora, bisognerebbe capire con maggiore chiarezza i motivi di questa decisione. Probabilmente i Sophie Lillienne stanno ancora cercando una strada precisa nella scelta della lingua da usare, resta il fatto che artisticamente l’idea di inserire nello stesso lavoro sei pezzi prima in inglese e poi in italiano lascia un po’ perplessi. Specialmente perché le seconde versioni non reggono assolutamente il confronto con le precedenti, appesantendo i brani (unica eccezione: “Non Sono Io”, da “Some More”, che sembra felicemente uscita dal canzoniere di Garbo). Il tentativo è quello di utilizzare la madrelingua cercando di darle un suono internazionale (nello stile di Verdena e Subsonica, tanto per intenderci), però mi pare ci sia ancora un po’ di lavoro da fare.
Probabilmente l’intenzione è anche mostrare, soprattutto agli addetti ai lavori, possibili sviluppi futuri del progetto, ma ora come ora l’inglese sembra davvero la dimensione più adatta per valorizzare le composizioni di VeZzO. Chissà, però, che un po’ di maturità in più non ci riservi belle sorprese negli anni a venire. Stay tuned.
(Federico Anelli)