A tre anni da Sushi&Coca, album del 2008 che li consacrò, delineando anche la maturità artistica raggiunta dal progetto, Giovanni Gurlino e Carmelo Pipitone ritornano con un nuovo capitolo del progetto Marta sui Tubi. Carne con gli occhi definisce, secondo un detto siciliano, quelle persone che non hanno una vera e propria identità, che si riducono – appunto – a carne impiegata nelle azioni vitali comuni. I Marta sui tubi, invece, quanto ad identità ne hanno da vendere, un’identità forgiata in tour pressoché infiniti e che si riversa lungo le dodici tracce che compongono questo disco, nel quale provano, riuscendoci, a scrollarsi di dosso l’introspezione che caratterizzava i loro precedenti lavori, ad appannaggio di uno sguardo lucido sul mondo circostante, come ad esempio “Al guinzaglio”, il pezzo che ha anticipato l’album, una dura filippica proprio contro la “carne con gli occhi”. Il disco si apre con “Basilisco” che riflette appunto lo sguardo rivolto al mondo, un mondo in cui stanno tutti bene, ma non sanno che gli portiamo la peste. “Cristiana” è un pezzo con melodie prepotentemente penetranti ed incisive, alle quali si accompagna un testo dolce e, concedetemelo, primaverile. Nel senso che credo possa essere un sottofondo ideale alle serate di aprile, al tepore di maggio. “Le cose più belle son quelle che durano poco” si presta a diventare un inno generazionale, un pezzo fortemente ironico, o meglio, che vorrebbe essere ironico ma, purtroppo, riflette molto la situazione attuale, oltre a citare “La metamorfosi”, “Il vecchio e il mare”, “Le notti bianche”. Roba potente. La title track invece è un pezzo tipicamente à la Marta, riflessivo, pacato, dolce e con quella voce in bilico tra le sfumature più basse e le urla. Introspettiva, indubbiamente. Introspezione che ritorna anche in “La canzone del labirinto”, intendendosi come labirinto non quello femminile di Marra, bensì quel groviglio di emozioni e sentimenti che inevitabilmente compongono ogni essere umano. Si guadagna il titolo di “pezzo migliore dell’album”, per quanto possa servire, eh! Episodi divertenti, ma che danno un senso di incompiuto sono “Camerieri”, una sfuriata di appena un minuto e quaranta, che riporta sinceramente, troppo alla mente “Alt!” de Il Teatro degli Orrori; e “Muratury”, canzone ironica sul complesso rapporto con le lingue e sulla saccenza spropositata di persone che, alla prova dei fatti, non sono altro che pappagalli istruiti. Il pezzo che chiude l’album è “Cromatica”, una dolcissima poesia dedicata ai colori, cose che abbiamo sotto gli occhi praticamente ogni giorno, ma che spesso tendiamo a sottovalutare, a causa dell’abitudine.
Da non sottovalutare è invece questo nuovo lavoro dei Marta sui Tubi, che presenta delle acerbità, ma nel contesto diventano assolutamente irrilevanti, coperte dalla magnificenza che si sprigiona dall’amalgama dei suoni della band. Un disco che si candida senza nessun timore ad entrare di diritto tra i migliori dell’anno corrente, oltreché tra i migliori del gruppo, forse in prima posizione.
(Mario Mucedola)