Decisamente un disco che tocca tutte le mie corde musicali preferite e che entra di diritto nella mia audioteca.
L’album è più che “Nice”; le sonorità sono quelle dark wave, post-punk dei Cure ma anche dei Joy Division, come ricorda la chitarra di “Restless”.
In questi due anni ho sentito parecchi gruppi che hanno attinto a piene mani da quello che è stato creato nella Manchester dei fine anni settanta ma, devo dire che ognuno, a suo modo, come i Soviet Soviet, è stato capace di rielaborare e personalizzare un genere che ormai si pensava finito o già sentito.
Sorprende ascoltare questo album, riconoscerne tutte le influenze ma, nonostante questo, restarne “ipnotizzati”. I Soviet Soviet sono decisamente uno dei tanti frammenti di questo specchio rotto che ha, come proprio punto di forza, i ritmi ed i riff ipnotici ed ossessivi delle chitarre che rendono impossibile non immaginarsi atmosfere in bianco e nero su “Lokomotiv” o nebbie in “Bulgary”.
Frenesie che incalzano e che ricordano i ritmi veloci di una società che non è più capace di soffermarsi su niente, neanche solo per un secondo, proprio come in un “Tempi Moderni” disincantano e scuro (“First Man, Then Machine”) . Inchiostro nero su una pagina bianca, anime perse in una fitta nebbia, schegge di vetro impazzite che ti feriscono e ti fanno ricordare che sei ancora vivo: questi sono i Soviet Soviet!
(Stakanovista Rock)