Se si deve credere all’immortalità dell’anima e all’onniscienza che ci aspetta nell’al di là, sono allora pronto a giurare che il signor Joey Ramone ha già fondato un fan club ultraterreno dedicato a questi quattro ragazzotti, battezzatisi con un moniker che è un ossimoro da barzelletta. Smart Cops. Per di più vestiti da carabinieri deviati da troppe visioni de I guerrieri della notte.
È quindi con la benedizione serafica del padrino del punk USA che gli Smart Cops compiono la loro irruzione a sorpresa, atta a mettere a ferro e fuoco i timpani dell’ascoltatore, con un’operazione celata sotto il fuorviante nome Per proteggere e servire. Un blitz di 25 minuti scarsi e poi tutti fuori. A spartirsi il bottino, mica a portare gli arrestati in questura. Non ci trovi rivoluzioni copernicane in questo disco, bensì titoli che sembrano la filmografia di un regista di poliziotteschi anni ’70: “La soffiata”, “Così inguaiarono la piramide”, “La legge del più debole”, “Meglio insabbiare”, tanto per rendere l’idea. Dentro “Per proteggere e servire” ci trovi solo sana voglia di rock’n’roll senza patemi d’animo, la pulsione ad imbracciare le chitarre, pigiare i distorsori e darci dentro. Roba sentita mille millanta volte, eppure la tua amigdala rock ne ha vitale bisogno da quando l’hai ingolfata di Dead Kennedys, di Fleshtones, di Clash, Stooges, Dead Boys, tutta gente sporca e cattiva in preda ai demoni dell’Apocalisse: Garage, Punk, Hardcore e Surf. Ecco, gli Smart Cops sono il metadone adatto per l’ascoltatore italiano, che può riconoscere nel loro suono marezzature di beat italiano anni ’60 e cantare incazzato e sguaiato “muscoli, ferro, minchia-ah: la legge debole. Hey sbirro sbirro gay, vuoi borchie di pelle da noi? Spa-spa-spa-spara alla gente!”. Troppo cult.
(Francesco Morstabilini)