Certi gruppi un pò “cazzoni” e spensierati hanno il loro perchè ma il più delle volte finiscono per essere ripetitivi e quindi una rottura di palle; ma se si unisse alla strafottenza giovanile una visione del suono più varia? Allora mi devo ricredere sul fatto che a Bologna sanno fare solo i tortellini.
I Valves sono per l’appunto tre giovani bolognesi con la voglia di “rovesciare” i palchi divertendosi ma andiamo con ordine; questo ep dal titolo Manicomio criminale d’Aversa sembra registrato nella cantina dei nonni tra i vasetti della conserva e forse è andata proprio così, registrato nella maniera più semplice possibile dando ai brani un gusto decisamente lo-fi.
Si inizia con “Intro”, totalmente strumentale e chitarre incendiate alla Arctic Monkeys che accelerano velocemente per poi farsi sempre più armoniose; è la volta quindi del primo brano cantato, “Concerto in re maggiore” dove la voce “sgraziata” di Danio viene alla luce, è un pezzo allegro e positivo che precede “Io sono pazzo” che alza ancora di più il tiro con chitarre folgoranti e un bell’assolo tamarro da vero rocker 70′.
Se fino ad ora pensavamo di aver avuto a che fare con pezzi semplici e orecchiabili dai testi poco ricercati è solo perchè non abbiamo ancora sentito “Le nostre pozzanghere”, semplicemente una canzone rock come la farebbe un ragazzino di 14 anni con i brufoli, addirittura gli viene da ridere al cantante stesso quando dice “ascolto quasi sempre Tenco ma oggi sono avanti e mi sparo
la techno”, non ci sono parole. Ma mi accorgo di essere stato preso per il culo finora, perchè le prossime tre tracce daranno una svolta decisiva sulla valutazione di questi Valves; “Sulla soglia dell’eternità” è un pezzo composto da solo piano, bellissimo nella sua essenzialità è quasi un’intermezzo che potrebbe stare bene in un disco degli Afterhours.
La penultima “Liverpool” viene “messa in moto” da una batteria marziale che Lorenzo suona come un fabbro e la voce si fà stranamente più corposa e credibile, il pezzo decolla poi con le chitarre “luciferine” che ricordano un pò Il Teatro degli Orrori. L’ep chiude con “Arancia meccanica” il basso di Capitan Tassi si fà funky e montano sù pure effetti vari un pò anni ’80, è evidente che a qualcuno di loro piacciono proprio tanto i Bluvertigo e il risultato seppur non originalissimo è buono.
Che dire, spero che questi tre elementi si concetrino sulle sonorità più entusiasmanti che sono riusciti a tirare fuori con la parte finale, il potenziale c’è e credo che cresceranno rapidamente, un ep artigianale da abbinare a tortellini, tigelle e Sangiovese.
(Andrea Tamburini)