Pasquale Defina non è un nome nuovo nel panorama dell’underground italiano, infatti ha lasciato in eredità un disco di indubbia bellezza con il suo precedente progetto Volwo, un progetto che però non vedrà ulteriori sviluppi lasciando un po’ l’amaro in bocca.
Pasquale si rimette in gioco poi tra il 2004/2005 sotto nuova veste, il nome del rilancio è Atleticodefina e vede tra gli ospiti figure come Mauro Pagani e le sue Officine Meccaniche, Giorgio Prette e Andrea Viti degli Afterhours e Saturnino; un incotro atipico di generi e personaggi che provengono da scene musicali molto diverse ma che ha saputo reggere bene.
Pubblicati due dischi ora ci si deve scontrare con il fatidico “terzo”; Pasquale si deve essere trovato a fare i conti con il passato, non sò, fatto
stà che chiamare questo album Revolwo non è del tutto casuale ma ora basta temporeggiare e andiamo a scoprire cosa ci riserva questa volta Atleticodefina. Le chitarre sono sempre in primo piano, sono gli organi vitali di tutte le 11 tracce, la voce di Defina è sempre chiara e incisiva e si respira un’aria di blues “geneticamente modificato”. I testi vedono spesso in primo piano l’artista mettendolo completamente a nudo, ad esempio trattando delle difficoltà nell’essere musicista, “Esattamente la nostra volontà” è quasi emblematica.
Le chitarre sibilanti di “Voglio un dottore” ci fanno sentire quasi la febbre e quel vago richiamo ai Depeche Mode dipinge di nero pece le linee di basso. “Cosa altro succederà” è una canzone d’amore metropolitana colorata da slide guitar che sembra provenire dalle mani di Giorgio Canali (già alla direzione del disco). Uno dei pezzi più incisivi di Revolwo è “Posto macchina n° 69” , allucinata e malata con divagazioni noise ma è sempre il cuore dell’autore che alla fine viene sacrificato, come in “Le mie considerazioni sbagliate”, “1926” è invece una lenta ballata che sà di ritorno a casa e che splende tra le acque torbide navigate fino ad ora; il finale è invece affidato ad una canzone cantata in inglese, quale “In between”, un vago richiamo ai Gutter Twins e una pronuncia un pò macchinosa ma il risultato è comunque buono e non manca di personalità.
Il fatto che l’intero disco sappia un pò di Afterhours non è un difetto, anche perchè questo progetto integra elementi di quella band, quindi è più che normale ma forse si sente la mancanza di un pezzo come “Mio fratello ha il vento in faccia” del precedente album. Com’è Revolwo? Come volete che sia… sono 11 canzoni d’amore al vetro.
(Andrea Tamburini)