A volte il nome di un gruppo viene pensato e ragionato, magari ci si spreme un sacco le meningi per cercare di riassumere in poche parole l’essenza della band ma io credo che spesso e volentieri il nome di un gruppo venga dato nelle condizioni più pietose, in totale balia dell’alcol e magari tra qualche rutto e scoreggia tra amici qualcuno dice…
A:“Ho deciso! ho trovato un nome fighissimo da dare alla nostra band!”
B:“Buuurp! a si?! Quale?”
A:“Ci chiameremo Silver Rocket!”
Ok forse ho lavorato un pò troppo di fantasia, forse è colpa dei quintali di mascarpone che non ho ancora digerito dalle feste, ma resta il fatto che Silver Rocket è veramente un nome banalissimo e ci saranno centinaia di gruppi che si chiamano in questo modo; bene, direte che questo gruppo mi stà altamente sulle palle visto i numerosi complimenti fatti finora e invece vi sbagliate di grosso, perchè al di là del nome è un gruppo che può farsi spazio nell’ambito Indie-rock.
Vengono da Ferrara e nascono musicalmente nel 2009, non sono stati lì a perder tempo pianificando come quando cosa fare del loro suono, hanno imbracciato gli strumenti e registrato 20 minuti di quello che sono oggi i Silver Rocket e lo fanno senza fare il passo più lungo della gamba, pubblicando un ep con 5 tracce dall’omonimo titolo.
Si inizia in gran stile garage con “Crank it up” , pezzo veloce con chitarre taglienti per cercare di scaldare subito le orecchie e strizzando un po’ l’occhio a certi Arctic Mokeys tanto per intenderci, mentre “Victor” sà un po’ di quel rock’n’roll revival a là Strokes. Ecco fino a quì non è che mi abbia entusiasmato particolarmente anche se non c’è nulla fuori posto tuttavia da quì in avanti è un continuo salire; “Unfair games” è una miscela di noise e garage, chitarre “isteriche” alla Grinderman e voce distorta che fà da padrona, fino ad un finale insospettabile; un giro tranquillo ma inqueto che si chiude con un basso così elementare e freddo che lascia un po’ spiazzati. Sei corde solitarie perse in pochi e semplici accordi, una gran cassa che inizia a picchiare con forza a cadenza lenta e quelle linee di basso così elementari da farmi ricordare un po’ certi Wire. “A prerogative” è molto di più, perchè riesce a racchiudere la new wave dei primi anni 80′ con quel brit pop oasisiano ed il risultato è ottimo. Siamo giunti alla fine, manca solo “Walked away”; quattro corde in un basso?! Cazzo servono? Sono troppe, usiamone una. Parte quasi impercettibile e man mano prende sempre più forza e sta là sempre sulla stessa nota, i piatti si sentono appena e la chitarra fa lo stesso accordo da due minuti, forse sono semplicemente sbronzi i Silver Rocket e non ce la fanno più. No! hanno solo voglia di chiudere alla grande ed è così che si prende sempre più velocità tra chitarre che si infittiscono in un turbine che pare senza fine e che portano il pezzo a circa 10 minuti di durata. É poco un ep per giudicare a fondo una band ma credo che di questi Silver Rocket ne sentiremo parlare presto.
(Andrea Tamburini)
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Silver Rocket Ep by Silver Rocket