Gli Ecate sono un power trio e come ogni formazione chitarra-basso-batteria suonano un rock senza riserve. Ascoltando le sei tracce del loro ultimo EP emerge un rock senza orpelli, dominato da chitarre taglienti e dirette. Ci sono suoni granitici e prossimi al grunge ma anche linee ritmiche melodiche. Se vogliamo incasellare le influenze degli Ecate potremmo riferirci ai lavori dei Verdena e degli Eva’s Milk sia per la musica quanto per i testi. E proprio questi sono al centro della produzione degli Ecate. “Me il diavolo”, ad esempio, spariglia la classica tematica luciferina. Il maligno descritto come vittima e capro espiatorio. É parecchio interessante perché a causare questa situazione è la nostra società odierna, così malata “che brucia la parte più vera di me/ sull’altare dell’apparenza”. Gli Ecate cantano storie di frustrazione ed isolamento. Delineano bene i nostri giorni imperfetti, i nostri difetti e le nostre colpe. Risulta quindi naturale che molte tracce parlino dell’alienazione moderna (“Pensiero di oggi”) con una scrittura incisiva che non fa regali a nessuno. Nemmeno quando si tratta di descrivere la propria patria. É proprio così, “Anathema (all’Italia)” accende ancora di più i toni denunciando i vizi e la banalità di questa Italia nazional-popolare “fanculo al dramma/c’è la partita/questo basta”. La strada intrapresa degli Ecate è quella giusta, ora attendiamo il passo verso la maturità definitiva.