—- Live Report— Circolo degli Artisti (Roma) 09/12/2010 (Guarda le foto)
In Giamaica non ci sono mai stato, e non ci andrò finché non avrò una buona somma da spendere in. Però stasera mi sono voluto regalare una serata dalle tinte reggae ben marcate: il concerto dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Si! Perché, non lo sapevate che (almeno per ora) hanno abbandonato le urla e le distorsioni powerpop ad appannaggio di ritmi in levare ed atmosfere d’oltreoceano? Atmosfere percepibili già dall’apertura con Primitivi del futuro che, se siete stati di recente a vedere i Subsonica non può che farvi tornare alla mente l’inizio con “Piombo” in versione dub. Quello stato d’animo sospeso, come se in realtà il concerto non fosse ancora cominciato termina non appena Davide Toffolo introduce a “l’incredibile spettaculo de la vida, l’incredibile spettaculo de la muerte” e attaccano “Puoi dirlo a tutti”. Il pubblico si scalda e comincia a cantare, sudare e gridare la storia di una ragazza che ragazza non è. Metà adolescente, metà donna bionica: è “Mina”. Segue un medley, composto da “L’ultima rivolta nel quartiere Villanova non ha fatto feriti-Mai come voi-Rifare”, dove si nota quanto il pubblico abbia accolto freddamente il nuovo disco dei TARM: sarà che l’ultima rivolta non ha fatto feriti, ma su “Mai come voi” la rivolta, nel Circolo degli Artisti è esplosa davvero. Non contenti, decidono di regalarci un’altra pe(e)rla. El Tofo imbraccia la sua Gretsch Americana Soundown, una delle peggiori chitarre acustiche mai prodotte dalla celebre casa di Brooklyn, roba che nemmeno un tamarro come Gianni Drudi indosserebbe mai e, lasciato solo sul palco, parte con “Codalunga”. Quando gli altri tre tornano sul palco, c’è ancora tempo per “La faccia della luna” e un’interpretazione strana de “La ballata delle ossa”, come se volessero invertirla: nell’album version la prima parte è decisamente powerpop, la seconda reggae, invece la suonano “al contrario”… no, niente messaggi subliminali, c’è stata solo la prima parte reggae, la seconda è finita in macello. Un concerto dei Tre Allegri Ragazzi Morti è una festa, ci canti, ci balli, ci gridi, ma non ti ci ammazzi nel pogo. E anche quando arrivano “Il Mondo Prima” e “Il principe in bicicletta” poi, è estremamente rilassante l’atmosfera che si respira dentro quella saletta buia e marcia, dove spesso sono andato in debito d’ossigeno. “Signorina Primavolta” è un po’ una sorpresa, perché è uno di quei pezzi che suonano – incomprensibilmente – sempre più raramente. Gli ultimi pezzi del primo set me li godo dalle scalette in fondo, ed è strano notare il contrasto artisti/pubblico quando suonano “Ogni Adolescenza”. Parte il pogo, ma loro suonano fermi, statici al massimo. Un incubo per i fotografi! Si potrebbe ancora farsi male con “Batteri”, ma non c’è nemmeno il tempo di rendersene conto, 30 secondi sono davvero troppo pochi. I TARM conoscono bene l’adolescenza, ma conoscono bene anche il regno animale, e sanno che sono un uomo e non lo posso fare, come urla Toffolo su “Voglio”, a cui fa seguito “Bella
Italia”, della quale si “giustificano” affermando che i Tre Allegri Ragazzi Morti hanno viaggiato più o meno in tutto questo paese a forma di scarpa e si sono accorti che molte cose non vanno. Escono applauditi ma seguiti da una caterva di “Vaffanculo!” affettuosi, sul suono dei quali si adagiano prima di far partire il secondo medley della serata. 15 anni già, “Fortunello”, l’immancabile “omaggio” con un accenndo Hollywood come Roma, e chiusura con “Come mi vuoi”. Toffolo resta di nuovo solo sul palco e grida che “La vita è cattiva ma non l’ho deciso io, lo spettacolo è finito!” e viene sepolto da un’altra valanga di “vaffa” dalla quale uscirà prima annunciando “La Tempesta”, salvo poi – dopo il primo accordo – dire che “No, sono un artista vezzoso e non mi va”. E attacca “Francesca ha gli anni che ha”. Risalgono gli altri e Luca ed Enrico cominciano a pestare facendo presagire che si, quella è “Mio Fratellino ha scoperto il rock’n’roll”, ma la vera sorpresa arriva qualche minuto più tardi. Se l’aspettavano tutti, ma nessuno voleva chiederla “ufficialmente” gridando dal pubblico, forse per scaramanzia, forse perché un po’ci si aspetta sempre che la facciano, forse perché non la facevano da un po’. Fatto sta che parte “Occhi bassi” e Cristo, che occhi che avevi, quanto ti luccicavano. Quando chiunque non se l’aspettava più ritorna “Gianni Boy”, e alla fine cominciano gli abbracci, le bacchette di Luca volano e per poco non ammazzano una ragazza, ma sta certo che il loro tempo stavolta non l’avrai. “La tatuata bella” chiude il tutto tra le mani che si agitano e la sensazione di aver visto un fottutissimo concerto spettacolare, padrona mia è la luna, ed altro io non ho.
—- Intervista —-
Primitivi del futuro è l’album della responsabilità. Innanzitutto la responsabilità artistica per aver intrapreso un percorso del tutto diverso, poi anche per il protagonista dei vostri pezzi, che non è più un adolescente, ma un adulto disincantato che si trova in un mondo che continua a stargli stretto. Cos’è cambiato dal 2007, anno di pubblicazione del vostro precedente lavoro, in voi tre e nel personaggio delle vostre canzoni?
Certo sono passati tre anni. A riascoltare primitivi del futuro posso dire che praticamente tutto quello che ho scritto in questo disco parla di mio padre, e della sua morte annunciata. Non parlo mai in modo diretto della mia biografia, perchè mi schifa la sua versione giornalistica, il gossip, ma ora, dopo la morte di mio papà, capisco meglio quello che ho scritto. Per quanto mi riguarda è stato un disco sulla sua vicenda.
La vostra immagine è legata “con un nodo scorsoio” alla matita di Davide, che a sua volta è legata stretta a quella di Andrea Pazienza. Quanto è importante l’influenza di questo grande Artista nel modo che Davide ha per esprimersi?
É stato uno degli autori che ho amato di più quando ero ragazzo. E come dice Marina Comandini, sua moglie, anche Andrea era un ragazzo. É morto giovanissimo, un ragazzo pieno di talento, ma pur sempre un ragazzo. il mio mondo sta dopo la morte, quello di Andrea prima… più o meno la vedo così.
El Tofo. Questo strano personaggio che invita a “l’incredibile spectaculo de la vida, l’incredibile spectaculo de la muerte”. Chi è? Perché viene – probabilmente – da un paese latino a portare il suo gruppo in giro per il Bel Paese? E soprattutto…chi glielo ha fatto fare?
Eltofo è un apolide, quasi adatto per antonomasia, la sua lingua è approssimativa, esotica, per qualcuno sud americana per altri dell’ est europa. Chi glielo ha fatto fare ad andare in giro a portare la musica? Nessuno, solo la sua voglia di libertà, condivisa con almeno altri due morti e allegri.
Dal 2001 ormai, La Tempesta è una delle migliori realtà discografiche a livello nazionale, con artisti del calibro di Teatro degli Orrori, Zen Circus, il Pan del Diavolo, Massimo Volume, Sick Tamburo, Uochi Toki, Moltheni e molti altri. C’è un artista/gruppo col quale avete legato in maniera particolare per ragioni che magari esulano anche da quello che può essere un rapporto prettamente “musicale”?
Li conosciamo tutti. Ci sono vecchi e grandi amici come i Sick tamburo e nuovi e grandi amici come il pan del diavolo, ma non è solo l’ amicizia che ci tiene vicini, penso sia un progetto a farci stare assieme. La Tempesta è un collettivo, dove gli artisti sono padroni della loro musica e dei loro masters. Basta, questa è la grande diversità rispetto alle altre etichette.
“Questa Italia non c’è, s’è suicidata. Si è specchiata troppo e si è ammalata. Si è specchiata nella tele pensando fosse il mare e tutti si sono convinti che fosse la sola cosa da fare”. Lo dicevate nel 2004. A sei anni di distanza, sei anni nei quali l’Italia l’avete girata in lungo e in largo, questa Bella Italia è ancora malata?
Noi incontriamo un’altra Italia, certo reattiva, ribelle rispetto alla realtà, ma i segni di questi 20 anni di violenza su di noi, italiani, si fa sentire e si farà sentire ancora per molto tempo. E poi in una Italia così impoverita e non solo di valori, anche gli artisti rischiano di sembrare dei privilegiati, conniventi e lontani dalla gente. Lo dico forte: Per essere liberi bisogna credere ad un mondo diverso, gli artisti lo fanno tutti i giorni, questa è la loro vera battaglia politica.
The Smiths, dEUS, Daft Punk, Art Brut sono passati tra le vostre mani e ne sono usciti pesantemente italianizzati. C’è qualche motivo preciso per il quale avete scelto di rifare Ask, Suds&Soda, Around The World e My Little Brother, e anzi di farli diventare anche dei “pilastri” nella musica dei Tre Allegri?
Se la nostra musica ha dei riferiementi, questi sono anche negli artisti dei quali abbiamo italianizzato i brani.
La lingua resta una elemento importante per la nostra scrittura, e poi la musica è anche un gioco. Per q uanto rigurda “mia fratellino” è puro adattamento del testo che, è perfettamente tre allegri ragazzi mortiano. Quando li ho visti suonare dal vivo ho detto, loro sono come noi… ne ho visti pochi con questa attitudine.
Con Primitivi del Futuro avevate cominciato un percorso fatto di “ritmi in levare e sfumature caraibiche”, che con Primitivi del Dub dovrebbe toccare un’altra tappa importante. Il disco di de-mix in chiave dub, è stata una “scelta obbligata” dalla piega che i TARM hanno assunto dopo Primitivi del Futuro, o una sorta di sfizio che vi siete voluti togliere?
Primitivi del dub è un disco di remix, del quale abbiamo una responsabilità condivisa con l’Alambic Cospiracy. É un progetto cospirativo, appunto, che ci ha fatto conoscere una realtà musicale nuova, quella del nuovo reggae italiano, più affascinato dalla storia di Alborose che del reggae in italiano; Gente che ci crede e che lo fa come si deve… un bel disco, per me da scoltare dopo Primitivi del futuro così si può capire a pieno.
Dopo Primitivi del Futuro e Primitivi del Dub, il prossimo disco sarà “TARM+Mal e i Primitives”?Vuoi uno scoop? il prossimo disco lo facciamo con Brian Ritchie, il bassista dei Violent femmes. sarà un disco di rock and roll? ah ah ah… per ora bacini e reggae’n roll.