Una delle caratteristiche che sta contraddistinguendo il panorama musicale italiano attuale è la grande quantità di artisti e cantautori che, in assoluta solitudine, riescono a produrre dischi che catturano l’attenzione e che mettono in evidenza grandi capacità tecniche. Il discorso diventa più piacevole se il tutto è figlio di un progetto azzardato e incluso in canoni stilistici inusuali.
Trivo è la testa d’ariete giusta per dare una ventata di freschezza ad un ambiente piuttosto inflazionato, e anche se attraverso un usuale giro di accordi con chitarra acustica, le variazioni e le modifiche particolari nello sviluppo di una canzone come “Ho un gatto nel cervello” rendono il prodotto finale davvero meritevole e ben confezionato. Che il tutto sia da attribuire a Trivo è facilmente intuibile in tutto il resto del disco, da brani di grandissima e delicata ironia come “Tu non sei normale”, preambolo del brano l’indicativa frase “No, Charlie Brown non è affatto un mio amico”, come a voler rimarcare una volta di più la diversità di scelte dell’artista in questione. Il racconto di Trivo attraverso Emoterapia è così ben costruito e registrato che, nonostante le trame non rendano facile la lettura dei singoli brani, si è ben disposti ad ascoltare le ritmiche evanescenti ma così incredibilmente pop di “Ho bisogno di qualcosa di cui non ho bisogno (cocaina)” e ancor di più a prestare attenzione a quel gran bel brano pieno di oscuri presagi e messaggi distorti della realtà (una donna che reclama il telecomando per poter guardare la partita) che è “Perché la cattiveria è enorme“. Discorso molto simile ma completamente stravolto nel beat in “The darkest side of the dark” che in poco meno di quarantacinque secondi riesce ad esprimere una compiutezza inaspettata in pari con le violente e repentine esplosioni di “La mia donna è un pagliaccio opulento” dalla durata leggermente superiore al minuto. Ad essere, tuttavia, una spanna su tutto il resto del disco è la ridondanza di “Piccola perdita di sostanza polpastrello”, campionario di suoni e straniante versione della quotidianità che vaga su un mutevole campionario umorale, come quando ci si intrappola in una rotonda senza riuscire ad uscirne.
Una volta esisteva l’industrial ed era un angolo esclusivo per pochi “capaci”, ad oggi esiste ancora l’industrial e continua ed essere genere di pertinenza di pochi eletti, nonostante differenze alquanto evidenti, Trivo possiede le doti per dare lustro al genere, magari spostando la lancetta verso un approccio più morbido nei toni, e questo Emoterapia ne è la luminosa prova.
(Lorenzo Tagliaferri)