I Ministri sono uno di quei gruppi che non possono lasciarti indifferenti. Tre (quattro dal vivo) disperati vestiti da Piccolo Principe, che non perdono tempo dietro le rose, ma dietro le cose. Uno li vede e non ci pensa, ma nelle teste gira molta meno confusione di quanto ipotizzabile. E quello che ne esce è un turbinio di impressioni, sensazioni, ricordi, ipotesi, tutte estremamente dettaglianti ed originali. Abbiamo seguito la doppia data dei Ministri al Circolo degli Artisti di Roma, e siamo riusciti ad intrufolarci nei camerini per scambiare quattro chiacchiere con Federico Dragogna.
Cominciamo col disco nuovo, che come sempre lascia pareri discordanti. C’è chi lo ama e chi lo odia, e chi addirittura vi ha scritto “Ho seguito per 2 anni un gruppo Rock italiano che spaccava, entusiasmava e scatenava le folle…oggi ho comprato un cd intitolato Fuori, e mi sono trovato 10 canzoni cantate dai Tiromancino in coppia con i Baustelle…”, ed è “ovviamente” tutta colpa della Universal. Con tutto il rispetto per questi due gruppi, ma cosa pensate sia cambiato in voi per farvi scrivere un disco così “diverso”? Quanto incide un team di lavoro che vi ha – tocca dirlo – pur sempre lasciato liberi di esprimervi, ma che ha come scopo primario la pagnotta invece che la gloria?
In realtà su questa cosa c’è un grande equivoco, anzi un enorme equivoco! Il team di lavoro Universal… non esiste. I Ministri fanno i loro dischi con Alessio Camagni, che è una persona assolutamente esterna alla Universal, che è la persona che un giorno venne in sala prove da noi e disse “Vi va se vi registro due pezzi?”, la persona con cui abbiamo fatto “I soldi sono finiti”, con cui abbiamo fatto “Tempi bui” e con cui abbiamo fatto “Fuori” e “La piazza”, ed è la persona con cui decidiamo assieme anche il cammino dei Ministri, in termini di sound e cose. E quindi qualsiasi responsabilità di sound, di scelte e di quant’altro è assolutamente da imputare a noi. Anzi, la Universal come prima reazione a molti dei pezzi nuovi che in realtà erano 26-27, tutti scritti e registrati fu più o meno (voce buffa, nda) “Ma come…ma non sono i Ministri che fanno così!”. In realtà, quello che io penso che tra l’altro l’unica cosa che si è persa, cioè, non si è persa ma abbiamo tolto, è la parte più ironico-sarcastica, proprio di ironia nel senso che il narratore è slegato da chi sta parlando, tipo “Vicenza”, tipo “Briatore” e così via. Quindi, abbiamo tolto quel tipo di poetica lì, che si portava assieme, per quanto riguarda il pezzo, anche delle forme musicali altre, quindi erano un po’ più “tirone”, nel senso più barabarabara, in cui si fa un sacco di casino, e se fai più casino viene meglio. Quella è una cosa che pian piano abbiamo cominciato a togliere, perché certe forme facevano parte di noi quando eravamo una band emergente scassata su un palco del cazzo, e allora dovevamo fare un sacco di casini. Ora che abbiamo anche imparato a suonare meglio, ci va di fare delle cose anche più sobrie, più eleganti, più ragionate. In realtà poi – come spesso succede – c’è un grande difetto di comunicazione su questa cosa qua, nel senso che per noi Tempi Bui era un album particolarmente morbido, è un album con la batteria molto indietro, perché è un album con il basso molto pulito, un album dove avevamo passato poco tempo in sala prove perché non ce n’era stato di tempo, e durante le preproduzioni Michelino s’era pigliato il morbillo. Alla sua età, santa Madonna. Quindi questo disco ci sembra proprio pesantissimo, ed è tutta una cosa un po’ di ricorsi, di ricordi, perché nel primo disco ci sono delle ballate che sono molto molto più piacione di qualsiasi cosa abbiamo fatto con la Universal. Tipo “Il sangue dal naso”, dove c’era già il piano alla Coldplay suonato da me, proprio all’inizio, perché già ascoltavamo i Coldplay, perché comunque come ascolti siamo stati sempre dai System Of a Down, i Metallica, gli Slayer ai Coldplay, i Band Of Horses, Brian Eno e quant’altro. Quindi questa è assolutamente la nostra strada. Chi vuole assolutamente le cose scassone, ci sono tante altre band, non so, ci sono i Punkreas se tu vuoi fare fino alla fine dei giorni banbaraban. Massimo rispetto ai Punkreas! Però loro, per dire, sono gente che ha scelto di fare quella vita e quelle cose; quindi mantenersi in quel modo lì corrisponde anche a delle scelte di vita loro, ben precise, che però sono delle scelte di vita che noi non facciamo, perché proprio se la vivono in un modo diverso.
Quali sono stati gli ascolti che hanno influenzato in Ministri nella stesura di Fuori?
Mmh, noi non abbiamo mai usato la questione degli ascolti, fin dall’inizio. Prima di tutto perché ascoltiamo da soli cose molto diverse tra noi, nel senso che io ascolto tanto Nick Cave, e uno ascolta Dizzee Rascal, quindi proprio completamente diversi, non c’è mai stato un album che abbiamo tirato fuori dicendo “Ehi, sentiamo come suona questo”. Forse qua e là un po’ di Cure, e senza neanche sentirli certe cose sono venute fuori un po’come tipo di mood come Adore degli Smashing Pumpkins o certe cose di Mellon Collie. Anche lì, gli Smashing Pumpkins, sono una band che all’inizio facevano banbaraban, nello stesso Mellon Collie ci sono canzoni incazzatissime come “Zero“, e prima c’è “Tonight Tonight”. Che problema c’è? Questa roba qua del machismo, del rumore, del dover essere per forza (voce buffa di nuovo, ndr) “cattivi, essere per forza incazzati, per far vedere che si! Tu sei il maschio” è di una tristezza proprio… è una roba da metallari. Come la gente che scrive “Eh, ma nel rullante de Il Sole il suono sembra campionato”. E vabbè, ma cosa vuol dire, che non devi suonare la parte di batteria? La suoni uguale, poi sul rullante ci metti il campioncino. E quindi? E quindi vabbè, io mi lascio parlar contro soltanto da, non so, uno che registra tutto su nastro, e possibilmente passa da una fornitura elettrica a impatto zero e che ne so, le corde fatte con la pelle d’asino. Là, allora rompimi i coglioni, sennò no.
La scelta di bagnare il tutto con delle tastiere, è una sorta di ritorno alle origini?
No no, in quattro siamo stati penso per due o tre mesi, e non c’entrava assolutamente nulla, non c’entrava il sound, non erano ancora nati i Ministri quando suonavamo in quattro. Con i Ministri Del Tempo facevamo una roba che era un misto tra i Korn e qualcosa di prog, ma guarda, ripeto, non c’entrava nulla. Anche lì, a noi piace molto lo studio come un qualcosa dove ad un certo punto possiamo rendere largo il tutto, un momento di trasporto lirico dentro e in certi momenti le tastiere, che in realtà sono una tastiera, una Roland Juno viene usata qua e là e usata in parti che sono tipo pi pi pi, il minimo assoluto. Per il resto il disco è stato composto proprio chitarra, basso e batteria.
Sul vostro blog, prima della pubblicazione, avete dato una specie di assaggio verbale di quel che sarebbero stati i pezzi. Ora, se il pezzo “dedicato a così tante brutte persone che non valeva neanche la pena di nominarne una” è presumibilmente Una questione politica…
Si, si, è Una questione politica.
…quale pensate possa essere il ruolo della musica, in special modo la vostra, per risvegliare le coscienze dormienti?
Veramente non abbiamo mai avuto la presunzione di avere un ruolo su questo. Per noi, il primo compito ce l’abbiamo con noi stessi, un’onestà nei testi con noi stessi che tra l’altro per noi che siamo in tre vuol dire anche onestà l’uno con l’altro, e onestà delle rispettive vite. In tutte le scelte di vita, anche le scelte di dove andare la sera o dove fare le vacanze, cioè noi tre tra noi tre siamo di una severità incredibile su come vivere, su come condurre la propria vita. E in realtà i testi dei Ministri sono anche questo. Anche quando si dice “politici o sociali”, sono quasi sempre un tentativo di analizzare le tue responsabilità rispetto ad un vivere politico o sociale. E in questo modo, indirettamente, abbiamo risvegliato delle persone, della gente che ha sentito in qualche modo questa cosa passar dentro. L’ha sentita, prima di comprenderla. Un sacco di testi che ho scritto sono nebulosi su certe cose. In realtà ad una mia visione sono chiarissimi, ma proprio con il mio vocabolario nella testa. Se io facessi o volessi fare davvero politica, non farei canzoni. Le canzoni hanno comunque una componente retorica in sé stesse. Tu stai dicendo delle cose e per dire quelle cose aggiungi anche lo strato della musica, una componente che tocca l’emozione ancora di più, come se non ti fidassi delle tue parole allora. Le canzoni hanno questa cosa retorica di partenza, l’uso di parole più musica. Se davvero ti interessa dire qualcosa, se ti interessa fare politica, scrivi un cazzo di saggio, vai a fare un discorso, ma non usare la musica! Sennò la musica è davvero come se fosse la panna nel sugo. Quindi, il nostro tentativo è quello di fare canzoni, in ultima analisi, ci sono diversi livelli di comprensione, ma c’è prima di tutto una fascinazione, un innamoramento chimico da cui dopo si deduce un messaggio ed una partecipazione, non il contrario.
Mi piace definire “Gli Alberi” un pezzo “kamikaze”. Leggo la voglia di “ammazzare” una parte di se (la città) che è diventata talmente brutta da non meritare più il minimo sforzo per cambiarla, per risolvere quei problemi creati ormai non si sa più da chi e perchè. Così è meglio azzerare, resettare e perdere una parte di sé per poter riappropiarsi del proprio “ambiente”.
Questa è una bellissima analisi de Gli Alberi, una delle migliori. Se lo chiedi a Divi che l’ha scritta… non te la sa dire così.
Ed è una questione che rileggo anche negli altri pezzi. Personalmente la vedevo bene come pezzo di chiusura dell’album, invece è la seconda traccia… quindi, la domanda non è sul senso del pezzo ma… come organizzate le tracce di un album?
Come ordiniamo i pezzi dell’album? Principalmente lo faccio io, in generale perché mi sono smazzato sempre un sacco di cose, ma poi perché ero noto per fare compilation per cercare di conquistare signorine, un po’ come in Alta Fedeltà (libro di Nick Horby da cui è tratto l’omonimo film con John Cusak e Jack Black, ndr), niente di nuovo. E cercavo quindi tutto il modo perché avessero un senso logico. Volevamo anche in “Fuori” una fine che fosse poco sobria, come tutti i nostri album, mentre invece i provini… molta gente comprerebbe più i provini che gli album. Il finale del disco è un omaggio a “L’amour et la violence” di Sebastien Tellier, quando partono tutti i synth, e non ai Muse come ha detto qualcuno che non c’entra proprio un cazzo. E poi c’è anche un minimo di questione discografica, che sta nel fatto che i pezzi considerati “forti” devono stare nella prima parte del disco. Ma questo anche se lo guardo nella mia esperienza, è pieno di dischi che ho amato, non so, “Relationship of Command” degli At the Drive-In. Fino al sesto pezzo le so tutte a memoria, una dopo l’altra. Dal settimo all’undicesimo non mi ricordo cosa succede, eppure l’ho sempre avuto lì! Cioè, ci può essere un calo d’attenzione, quindi quello che vuoi mettere in primo piano viene tra le prime, però appunto l’analisi de “Gli alberi” è assolutamente ficcante, e ritorna il discorso che anche quando sono pezzi politici, sono comunque pezzi sulla tua responsabilità nei confronti della questione politica. E in realtà anche pezzi come “Tempi bui”, che nel ritornello dice “son diventato buio anch’io”, dice più o meno la stessa cosa, ci sono dei pezzi che sono comunque intercambiabili, qualcosa che non ci accorgiamo ma ci resta abbastanza fissa. In realtà ne “Gli alberi”, il “tu” a cui sta parlando Divi sono io, e questo l’ho scoperto molti mesi dopo che l’aveva registrata.
Ripercorriamo la vostra videografia. In Diritto al tetto ci siete voi che suonate. Ne La Piazza anche. In Tempi Bui pure. In Bevo altrettanto. In E se poi si spegne tutto manco a dirlo. Ne La faccia di Briatore, come sopra. Ne Il sole, idem. Ne Gli alberi, ovviamente si. Non avete l’impressione di fare tutti i video uguali?
Si si, in tutti. La questione video, se fosse per i Ministri, non ci sarebbe. Nel senso che il video lo facciamo perché bisogna sostanzialmente farlo. I Ministri funzionano che siamo noi tre, un produttore che è sempre quello, un grafico che è sempre quello, un fotografo che è sempre quello, ma ormai da dieci anni. E quando scegliamo una persona, scegliamo di portare avanti la carrozza per sempre. Non abbiamo ancora trovato una persona che rappresenti la questione ministrica sul versante video. A noi non interessa che i Ministri ad un certo punto si mettano a fare i registi della domenica, anche se io sono un cinefilo, ma non voglio pretendere di mettermi lì, anche perché non avrei tempo e comunque farei cose che non assomiglierebbero a un video, sarebbero filmati, non so, dal finestrino del treno…
…come il video de “Le mie notti sono migliori dei vostri giorni”…
…esatto, c’è un video de “Le mie notti sono migliori dei vostri giorni” girato in Super8, e quello l’ho girato io e l’ho montato io. Quella per me è l’unica idea di video dei Ministri, capito? Ed è l’unico dove non suoniamo, tra l’altro. Per tutti gli altri noi dovevamo fare il video perché comunque ci sta e allora sostanzialmente, dato che ci arrivavano vari trattamenti (voce buffa ancora una volta, nda) “Ah, allora c’è questo, così, c’è la ragazza che corre nel bosco, poi c’è quello che bacia quella, intanto voi che…” e noi abbiamo sempre detto NO. Finché non ci arrivava una roba che dicevamo “Ok, tu sei un fico, allora facciam le cose con te” abbiamo sempre detto, e poi hanno cominciato a dirlo gli altri “Noi che suoniamo”. Così siamo semplicemente noi, al di là di tutto, non mi ricordo di un video dei Rolling Stones figo, mi ricordo dei video di Aphex Twin fighi, ma anche lì… il video di “Come To Daddy” non è merito di Aphex Twin, è merito di Cunningham, mi verrebbe da dire “Andate a chiederlo a Cunningham, l’intervista su Come To Daddy sarebbe da fare a Cunningham”. In realtà adesso, però non lo so ancora con certezza, abbiamo trovato una persona ma questo da due settimane fa. Abbiamo trovato una persona con cui c’è stato un amore a prima vista e che è un matto vero e fa dei video matti veri che ci interessa. Ma per quanto mi riguarda, la forma del videoclip musicale e tutto quanto prodotto da tutte le band italiane negli ultimi dieci anni è assolutamente prescindibile. Cioè, la storia potrà fare a meno di tutti i videoclip musicali italiani degli ultimi 15 anni. Tutti. Non me ne riesce a venire in mente uno. Poi a casa ho la collezione di video di tutti i video di, cazzo ne so, Bjork, e bella lì. Allora quella è una cosa che ha senso fare, ma con il budget che ci danno… abbiamo 5.000€ per fare un video. La nostra prima idea di video per “I soldi sono finiti”, che poi abbiamo scelto di non fare era di prendere il budget del video e andare in piazza Duomo e dare tutto in monetine, insieme a mangime per i piccioni. In modo che sarebbe arrivata un sacco di gente a raccogliere monetine e un sacco di piccioni sulla gente. Questa è la nostra idea di video: se avessimo tempo e soldi a disposizione per fare dei video ministrici, allora li faremmo, ma in questo momento non ce lo possiamo permettere.
“La Petroliera” è un pezzo che parla dell’autostrada Milano-Venezia. Avete mai pensato, nell’ottica di una svolta prog di fare un pezzo di 20-25minuti sulla Salerno-Reggio Calabria?
Ahahah, beh, ci si mette di più a farla. Beh, la Salerno-Reggio Calabria è tornata tantissimo tra di noi, ne abbiamo parlato molto spesso, soprattutto perché gli altri due hanno cercato di farla in situazioni pazzesche.
Dai, lì puoi scriverci un concept album!
Ahah, è vero, puoi scrivere la suite! La cosa vera è che comunque inevitabilmente, quando fai il musicista di mestiere, sostanzialmente incontri tre cose nella tua vita: tantissima autostrada, ma tantissimissima, io so a memoria tutti gli autogrill, coi nomi, tra Milano e Firenze, e ci fermiamo sempre in uno… dopo un po’ cominci ad avere delle cazzo di abitudini da vecchio rispetto agli autogrill, ed è davvero una tristezza se ci pensi. Quindi, vedi tantissima autostrada, tantissima gente e poi tantissimo il tuo letto quando torni a casa e non sei più in tour. Quindi gente-letto-autostrada sono tre parole abbastanza chiave per quanto riguarda il disco. E La petroliera nasce mentre tutto il furgone andava, io di solito me ne sto rannicchiato in fondo, tipo con un quaderno e scrivo più o meno quello che mi passa di fianco. A un certo punto, parti dal presupposto che la Milano-Venezia ha dei punti davvero incredibili di non esistenza del mondo com’era prima. Se tu parti da Milano e arrivi a Brescia, prima di incontrare del mondo che non è stato toccato, coperto, lavizzato dal cemento, non ce la fai. Ma non solo l’autostrada, proprio ai lati. E soprattutto, un giorno che andammo in un paesino che stava vicino a Mestre, dove sta per passare un nuovo svincolo che sostanzialmente farà fuori completamente il paesino. E parlando con la gente che vive in questo posto, e sta per essere mangiata dall’autostrada effettivamente riesci veramente a percepirla come un mostro, la vedi proprio in fondo, che sta arrivando pian piano, e poi ho sempre avuto la fascinazione per le petroliere, queste cose qua lunghissime, di quattro-cinquecento metri, e immaginavo una lunga trecento chilometri, e ad un certo punto si stacca, e tutti quelli che ci sono da Milano a Venezia… brum, si parte e si rimane a viverci. Tanto, voglio dire, molta gente che vive a Bergamo, si sposta sull’autostrada anche per andare in un centro commerciale.
E invece il concetto della nave da crociera di “Due dita nel cuore”?
In “Due dita nel cuore” c’è effettivamente prima di tutto il vomito, ed il cercare di trattenerlo. Io ero un bambino che vomitava tipo trenta volte in cento chilometri quando andavo in macchina, e poi quando ho incominciato a bere alcolici ero uno che piuttosto che vomitare si teneva dentro davvero tutto tutto tutto, e poi sui viaggi in nave c’era un misto di ispirazione. La questione della sensazione che hai quando trattieni il vomito, e il fatto che mi ha sempre divertito moltissimo è che la nave, che tra l’altro com’è fatta dentro, com’è arredata, i colori e così via fa un po’ da precursore, cioè han cominciato a fare un sacco di cose che somigliano alla nave. Quando vado alla Rinascente mi sento così, lo stesso tipo di arredamento, di scelte, e così anche gli aeroporti, hanno tutti questa caratteristica di non-luogo fortissimo, soltanto che la nave ha una peculiarità: un sacco di gente quando ci va sopra ci vomita. E il fatto che ci sia, sai, tutto con i caffè, tutto finto elegante, ma in realtà è fatto in plastica, è ridicolissimo che in un viaggio fatto in nave tu veda un sacco di gente vestita bene che vomita. La trovo divertente, come la gente che dorme per terra, sai nel passaggio ponte ho sempre dormito a terra nelle navi. Quindi quel paradosso lì della nave, insieme anche alla lettura in quei giorni lì di David Foster Wallace, di “Una cosa divertente che non farò mai più”, suo reportage sulla crociera… in crociera non riesco neanche a immaginarmi. Però per quello ci sono le navi da crociera. È un allegoria che prima o poi vorrò vivere. Spero sotto acidi, sinceramente.
Ultima cosa. Qualche giorno fa avete pubblicato un video dicendo che “È bello poter tornare a credere nelle parole”. Però anche poter tornare a credere nei simboli non sarebbe così male, per quanto possano essere antistorici ed anacronistici.
No. Simboli proprio no. Io spero relativamente ad una scena politica italiana che arrivi al di là di tutto qualcuno con del carisma. Preferisco uno con un paio di cose per cui storco il naso ma con un carisma della madonna che il Gargamella che guida il PD adesso. Per come siamo fatti noi, anche come carattere e quant’altro, ci vuole carisma, e che qualcuno lo tiri fuori. Vendola, per citare la persona citata, è stato uno dei pochi che sia a livello di carisma, sia a livello di visione politica (per quanto uno ne possa capire dall’esterno) e anche come dignità del linguaggio e anche per la minima esperienza che abbiamo avuto in Puglia, e quello che ha dato a livello di spirito, il carisma che un uomo riesce a dare ad una regione, lui è stata una persona… e se penso che è stata comunque una persona sempre contrastata, penso al caso delle primarie in Puglia dove ha dovuto “azzerare” il concorrente per dimostrare che era lui, ecco, se penso a questo, il simbolo lo metto assolutamente in secondo piano.
(Mario Mucedola)
Foto: Carlo De Filippo