Gli Scat nascono nel 1998 a Torino e si distinguono per il loro sound che unisce sapientemente trame rock, blues fino ad arrivare a quelle psichedeliche. Nel 2005 incidono il primo album La vita regolata dal Caso e nel 2009 realizzano il secondo, Il Muro dopo Nagasaki, che definiscono come “una narrazione più attuale unita ad un approccio strumentale più consapevole”.
Gli Scat sono degli ottimi musicisti e l’album lo testimonia con il suo continuo fluire verso una costante contaminazione musicale.
Il Muro dopo Nagasaki si apre con “Low Relativity”, che se all’inizio ricorda il procedere di “Sonica” dei Marlene Kuntz, si apre via via verso nuove soluzioni rendendolo uno dei pezzi strumentali più belli dell’intero album.
“God Sand” è contraddistinta da atmosfere ora sognanti, ora venate da ritmi blues.
“Il Muro dopo Nagasaki”, la title track dell’album, è il manifesto del suono degli Scat: si apre con la ripetizione di due accordi di chitarra per poi lasciare posto alle note del sax, è come immaginare un incontro fra i Pink Floyd, i loro sperimentalismo, ed il gusto chitarristico dei primi Marlene Kuntz. Il brano si chiude presentando una caratteristica particolare di un certo tipo di rock italiano (caro ai Massimo Volume): le parti vocali anziché essere cantate sono recitate e proprio per questo risultano essere molto più efficaci ed incisive.
“Chiedi alla polvere” è un lamento senza possibilità di luce, un uomo che ha perso tutti i suoi punti fermi “torno e sono da capo/ non c’è risposta” e il suono del sax accentua questa tristezza, questa impossibilità di trovare una via d’uscita.
“Il profumo della sabbia” è un brano sperimentale che procede lento, carico di mistero e si trasforma poi, in un vertice oscuro, come una tempesta di sabbia che pervade l’intero brano e “ti trascina/ mi trascina”.
L’album si chiude con la “Cavalcata del re” un brano grunge, buio, con la voce di Fabrizio Florio che canta di questo “paradiso fra le fiamme/un deserto di rancore”.
Il Muro dopo Nagasaki è un buon album, con un gusto per lo sperimentalismo mai banale o artefatto e che ad ogni ascolto prestato si fa apprezzare in tutte le sue ricche componenti musicali.
(Giorgia Furfaro)