“I Poptones sono tre ragazzi tanto tranquilli, e gli piace suonare.
Ogni giorno fanno la passeggiata e scappano dai produttori tanto cattivi.
I produttori tanto cattivi li inseguono, perchè vogliono prendere la loro musica e buttarla in una scatola. Una scatola che è tanto brutta e infernale, e che rende tutto uguale.
Loro sono tanto tranquilli ma sono anche buoni e non vogliono il male in quello che gli piace fare. Così si mettono a registrare e a scacciare gli uomini brutti che gli vogliono male.
Ora hanno il disco, e lo fanno girare tanto e quando fanno la passeggiata si sentono tanto tanto bene.”
Leggendo una biografia/presentazione del genere non si ha alcun dubbio: i Poptones sono qualcosa di particolare. Del resto, essendo prodotti da Mia Cameretta Records che “produce musica col ronzio”, non potevamo aspettarci niente di meno.
Si comincia bene, con un suono prolungato,come se il computer si fosse bloccato. No, si tratta di “Running Uptown”, la prima traccia del loro lavoro, che incuriosisce ma non colpisce particolarmente per originalità o tratti particolari. Si cambia registro con suoni forti, martellanti e penetranti accompagnati da voci distorte e disturbanti, specie in “I need a Psychologist”, che dà quasi l’impressione di trovarsi nel pieno della ricreazione di una seduta di un gruppo di gestione della rabbia. Qualcosa cambia da “Kettle in The Sun” dove pur continuando ad esserci suoni penetranti e martellanti (ma meno forti che in precedenza) la voce distorta non crea una situazione di disturbo, anzi… si amalgama in qualche modo con l’atmosfera creata dal sound e conquista.
Atmosfere che ricordano un film di fantascienza invece per “Come with me”, dove i suoni creano un’altra dimensione in cui l’unica cosa a cui credere è la voce che si fa quasi ipnotizzante, unita ad un ritmo cadenzato che quasi quasi invita a ballare. Con “Monkey” poi arriviamo ad un sound molto più orecchiabile rispetto a quello sentito fino a questa traccia cinque, in cui le sonorità si fanno più “note” e la voglia di muoversi al ritmo aumenta. Per concludere “Loser Blues” che inizia in maniera del tutto inaspettata e continua spiazzando chi, arrivato all’ultima traccia, si aspettava qualcosa di diverso, ma riesce comunque a farsi apprezzare per il particolare uso “improprio” della voce: un sussurro distorto (almeno fino a metà pezzo) , forse come conseguenza delle precedenti tracce urlate. Chiusura insolita ma particolarmente interessante, diciamo.
I Poptones hanno decisamente scacciato “gli uomini brutti che gli vogliono male” dando alla luce una piccola chicca da ascoltare, almeno una volta, per convincersi del fatto che (come nella filosofia della loro casa di produzione) bisogna sempre provarci!
(Chiara Colasanti)
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