Vi giuro che viene proprio voglia di fare l’air guitar a torso nudo e scuotere la testa a tempo, ma per questo tipo di cose ci vuole il fisico adatto ed io non sono credibile. Cose a cui capita di pensare quando fai suonare dischi come quello dei Tweak Bird, neanche loro del tutto credibili in quanto a fisici.
I Tweak Bird sono un duo americano a conduzione familiare il cui segno particolare è la capacità rara di fare, in coppia, il lavoro di un gruppo da quattro o cinque elementi. E certamente non deve essere uno scherzo quando si tratta di suonare l’hard rock.
Fatto sta che a vedere i fratelli Asthon e Caleb Bird, giovani e cool come sono, verrebbe da pensare che il loro interesse per la musica sia proporzionale al numero di compagne di college abbordate giocandosi la carta degli artisti incompresi bisognosi di esprimere il loro disagio metropolitano. Invece no, gente, nulla di più sbagliato: i Tweak Bird pestano sul serio e non ammiccano al “grande pubblico”, nonostante i percepibili riferimenti agli anni settanta dei Black Sabbath e dei Led Zeppelin.
Forti della godereccia passione in comune per la “schitarrata” e i suoni pesanti, questo primo e omonimo album dei fratelli Bird è tutto un florilegio di riff per chitarra baritona, alla maniera dei Kyuss e dei Melvins (il batterista è qui presente in veste di produttore dell’album), a cui fa da contraltare un cantato insolitamente pop per questo genere.
Il risultato è un attacco strepitoso di quelli che non capita spesso: “The Future” e “Lights In Lines” , in apertura, sono una accoppiata spassosa e rumorosa che fa schizzare in alto le aspettative sul resto del disco, probabilmente più di quanto sia lecito attendersi.
Inoltre, i Tweak Bird sembrano divertirsi molto anche a sperimentare nella loro musica elementi psichedelici, arricchendo il disco di una certa dose di imprevedibilità. Alcune scelte, a esser sinceri, non si rivelano del tutto convincenti, ad esempio l’inspiegabile intrusione del flauto in “Flyin’ High”, ma nonostante questo non si può fare a meno di applaudire al suono strambo e alieno di “Round Trippin”, oppure alla divagazione jazz del sassofono piazzato nel bel mezzo di “A Sun/Ahh Ahh”.
Per i meno affezionati del genere ci sono buone possibilità che questo disco rimanga sepolto, e infine dimenticato, sotto il mucchio di nuova musica che uscirà nei prossimi mesi, ma ad ogni modo i due debosciati californiani portano a termine la loro missione con successo.
E’ evidente la vocazione dei fratelli Bird per lo stordimento puro e semplice ed il loro punto di forza sta soprattutto nella capacità di condensare quella chiassosa energia in soli ventisette minuti (che a dirla tutta includono anche un pugno di tracce più o meno interlocutorie), senza lunghi e indigeribili intro che scoraggino i volenterosi. Insomma, una gradevole e disimpegnata evasione ad alto volume in un immaginario alla Easy Rider, pieno di marmitte scoppiettanti e birre tracannate, che termina prima che la noia sopraggiunga.
(Alberto Mazzanti)
Myspace – Scarica gratis la compilation con il brano “Lights in lines”
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