In occasione dell’uscita del nuovo video che dà il titolo all’Ep di recente uscita, abbiamo pensato bene di fare quattro chiacchiere, via mail, con Marco Bugatti (cantante dei Grenouille) per tastare il polso ad una band che non le manda a dire per conto terzi e se effettivamente l’Italia resta un Paese immobile dove va avanti solo chi conosce le persone giuste. Ma non preoccuparti, abbiamo parlato anche e soprattutto di musica.
Il genere che vi rappresenta è il Grunge, associato a gruppi importanti come Nirvana e Alice in Chains (tanto per citarne un paio). Cos’è per voi oggi “grunge”?
Per noi Grunge è un Rock viscerale, non stereotipato, che si ispira alla concezione Rock degli anni ’70. Un genere musicale popolare, legato al sociale e alla propria personale singolarità. Un mezzo di comunicazione per esprimere qualcosa di profondamente contestualizzato, legato alla realtà esterna ed alla propria intima e personale. Siamo contro la musica onanista, concepita solo come mezzo per avere il maggior riscontro di pubblico possibile.
Il vostro Ep, “In Italia non si può fare la rivoluzione” è uscito il 25 Aprile. Quattro brani di denuncia sociale e culturale. Cosa rappresenta per voi la rivoluzione? E perché in Italia non si può fare? Forse perché ci conosciamo tutti…
Usare un termine come “rivoluzione”, che è visto per lo più come un termine politico, è una provocazione. La rivoluzione che serve in Italia è un profondo e radicale cambiamento di cultura e di mentalità. C’è una cultura basata sui favoritismi, sulle clientele, sulle conoscenze che uccide qualsiasi scintilla di vita in questo paese. E questa pervade tutto su tutti i livelli, da quello politico a, purtroppo, quello musicale. In Italia non si muove una foglia perché tutto viene soffocato nel nome di un ordine precostituito che di questa mentalità si autoalimenta. Oggi però si sta affermando sempre più un mezzo di comunicazione di massa come Internet, che può a nostro parere creare una rete che favorisca lo svilupparsi di controculture autogestite.
Qual è stata la reazione del pubblico a questo nuovo lavoro?
La reazione è stata ottima, soprattutto nei confronti del singolo “In Italia non si puo’ fare la rivoluzione (perché ci conosciamo tutti)” di cui stiamo al momento pubblicizzando un video autoprodotto da noi (guarda). Un video ironico, che gioca di contrasto con il titolo del pezzo, che girerà soltanto in rete e nei social network.
In Italia la maggior parte dei gruppi emergenti compongono in inglese, voi avete optato per l’italiano. A cosa è dovuta questa scelta? Cantare nella vostra lingua può essere un incentivo in più che permetta di comprendere a fondo i vostri testi e la vostra essenza?
Il motivo è sicuramente questo. Io sono del parere l’unico modo per caricare di significato un’immagine, un’espressione, sia quello di usare la lingua con la quale comunichi da quando sei nato. Lo puoi fare in mille modi, ma se trovi il modo giusto, quello che ti rispecchia, allora sarai davvero in grado di far viaggiare chi ti ascolta, di toccargli l’anima. Siamo pronti ad assumerci tutti i rischi del caso, perché fare una scelta del genere, vuol dire metterci la faccia.
L’ultima traccia dell’Ep è la cover di “I fiori” dei Pan del Diavolo. Tributo, per altro, molto ben riuscito. Perché proprio questo pezzo?
Quando abbiamo pensato di fare una cover dei Pan del Diavolo, ho insistito io perchè facessimo i Fiori. Era il pezzo che preferivo in assoluto per via del ritornello. Dalla prima volta che l’ho sentita quel ritornello mi si è stampato in testa e me ne sono innamorato. Siccome farla più veloce e grintosa dell’originale era pressoché impossibile, volevo dimostrare come sarebbe rimasto in piedi il pezzo anche stravolto del tutto, suonato in maniera completamente diversa, grazie a quel ritornello. E ho cercato una espressione che mi rispecchiasse nel ri-arrangiarlo in quella strana versione acustica. E dato che di Pan del Diavolo si parla, alla fine Giuseppe ci ha piazzato un assolo Folk, ma Folk Rock.
Da dove traete ispirazione per la vostra musica?
Dalle cose che viviamo e dalle cose che ci succedono attorno. Dalle nostre anomalie e dai nostri sogni.
Cosa ascoltavano i Grenouille nel periodo dell’adolescenza?
Davide mi racconta sempre un aneddoto. Quado era un adolescente sbandato e aveva cominciato ad ascoltare musica, un giorno era cominciata a girare fra i suoi amici una cassettina dei Sex Pistols. Mi racconta sempre che ascoltandola ha pensato; “ma se possono suonare questi qua allora posso farlo anch’io” e da quel momento hanno deciso di mettere in piedi a tavolino un gruppo con gente che non aveva mai preso in mano uno strumento. Da adolescenti noi ascoltavamo musica così, dai Nirvana ai Sex Pistols, NoFx, Silverchair, ai gruppetti punk locali, poi più tardi Pearl Jam e Alice in Chains, Radiohead. Alternative.
Quali sono i vostri progetti futuri? A quando il nuovo album?
Stiamo lavorando alle canzoni del nuovo album, di cui abbiamo già il titolo. Un paio di pezzi sono già pronti, e abbiamo un sacco di idee che al momento stiamo sviluppando.
E riguardo invece ai vostri live, dove potremmo ascoltarvi prossimamente?
Il 26 novembre suoneremo all’ Amigdala Theatre di Trezzo sull’Adda, e il 27 novembre al M.E.I., il meeting delle etichette indipendenti a Faenza.
Ritornando al video di “In Italia non si può fare la rivoluzione (perché ci conosciamo tutti)”, girato a costo zero e autoprodotto. Da quale esigenza nasce l’idea di farci assistere a quello che sembra essere un collage delle varie esibizioni live e dei luoghi e città del nostro Paese?
Dall’esigenza di disintegrare il concetto di immagine del gruppo costruita per i mass media, le televisioni, recitata, finta, distaccata dalla gente. E poi volevamo giocare con il titolo, calcare sull’ironia del concetto che “In Italia non si puo’ fare la rivoluzione”. Far vedere che qualcuno che ci prova c’è.
Un consiglio a tutti i ragazzi che, come voi, amano la musica e tentano di trovare una loro “collocazione discografica”.
Non arrendetevi mai di fronte a niente, utilizzate tutti i mezzi che avete a disposizione. Vomitate fuori un paio di demo e puoi tutto verrà da se. E buttatevi dentro alla rete.
(Angela Mingoni)
foto: Monelle Chiti – Alessandra Di Gregorio