Se un giornalista musicale imprudente ponesse oggi a Bob Dylan la domanda “Quanti tra gli attuali cantanti indie potrebbero venire classificati come eredi di Ian Curtis?”, probabilmente la risposta sarebbe, come nel ’65, “Centotrentasei”.
Il buon Ian, prima di appendersi, avrebbe dovuto mettere un copyright sul proprio nome: oggi la moglie Deborah e la figlia Nathalie sarebbero più ricche della loro regina. Già, perchè il leader dei Joy Division viene tirato in ballo senza ritegno dalla critica ogniqualvolta una nuova voce baritonale si affaccia sulla scena musicale anglofona. Interpol, Editors, The National, White Lies, per citare i più famosi. Tutti accostamenti sui quali sinceramente non mi sono mai trovato d’accordo. Non basta un timbro basso per assomigliare a Curtis. Serve quella pasta spettrale, catatonica, quasi monocorde, in grado di essere comunque melodica.
Una pasta che ultimamente ho rintracciato, ad esempio, nei The Horrors (ascoltatevi l’ultimo bellissimo Primary Colours, se non l’avete ancora fatto) e nei Blank Dogs di Mike Sniper. Se dovessi trovare una definizione per quest’ultimi, forse la più adatta sarebbe “l’anello mancante tra Joy Division e New Order”. Per intenderci: se Curtis non si fosse fatto fuori e avesse sviluppato gli accenni sintetici di Closer durante gli anni ‘80, probabilmente sarebbe arrivato a qualcosa di simile al suono dei Blank Dogs. Ora potrei stare qui, con una mano sulla tastiera del PC e l’altra più in basso, a parlarvi di weird-garage, shitgaze, cold-wave e roba simile, ma vorrei evitare che la mia miopia degenerasse. Diciamo che Mike Sniper ha saputo cogliere sapientemente il meglio del post-punk e del synth pop eighties, mischiandolo con tracce noise e un suono lo-fi, nato forse più per necessità che per intenzione. Con l’ultimo Land and Fixed i Blank Dogs si distanziano però dal sound ruvido che caratterizzava il primo acclamatissimo On Two Sides, proseguendo un percorso già intrapreso con il precedente Under and Under. Il talento melodico si sposa con un’attitudine punk da sempre tipica della band, che sembra qui raggiungere il giusto equilibrio tra ricercatezza, integrità artistica e gusto pop. Prendete i synth dei New Order, le chitarre flangerate dei primi Cure (certi fraseggi citano pesantemente quelli di Robert Smith), lo stile vocale di Curtis e avrete pezzi come i bellissimi “Longlights”, “Northern Islands”, “Blurred Tonight” o “Another Language”. “Collides” ricorda gli ultimi Editors, ma decisamente meno pop, mentre “Out The Door” richiama i Depeche più dark. C’è anche spazio per il padre della new wave, il duca Bowie, con la conclusiva “Treelines”, che sembra un out-take di Low.
Se però lasciamo da parte il giochino delle citazioni, ci accorgiamo che Mike Sniper vanta un talento in fase compositiva davvero unico, che trova con “Land and Fixed” la sua completa maturità, coniugando le sue varie anime grazie a un sound perfettamente a fuoco. Probabilmente i fan della prima ora si sentiranno traditi, ma basterà l’arrivo del centotrentasettesimo erede di Ian Curtis e tutto tornerà alla normalità.
(Federico Anelli)