Gli Edwood si ripropongono senza calcare la mano, alla ricerca di una qualche stabilità. A tre anni di distanza dall’ottimo Punk music during the sleep i bresciani riportano le lancette su quell’assetto pre collaudato, mitigando i fumi del punk con le più fresche arie elettroniche. L’ipnotica rotazione del basso in “Meet someone else” è il veicolo per le ludiche ritmiche synth e non può esserci modo migliore per aprire un disco se non quello di catturare l’orecchio dell’ascoltatore in maniera irreversibile.
Ascoltando le evoluzioni di “Caravan #1“ e della successiva “Happy together” sembra quasi di trovarsi di fronte ad un disco dei Primal Scream, quelli parecchio più lontani da Beautiful future, ma la verità è che la combinazione vincente tra Fabio Campetti (voce), Michele Campetti (chitarra), Stefano Stefanoni (basso), Pierpaolo Lissignoli (batteria) e Alessandro Balotta (tastiere) è più vicina agli echi della new wave e del post-punk con un tocco quasi minimal davvero ben espresso nelle cadenze di “Millions“. Su una tonalità più melodica, senza tuttavia, privarsi delle tensioni ritmiche, si muove la successiva “Loveless” che da la possibilità alle capacità vocali di Fabio di mutare in corso d’opera quasi arrangiandosi sul falsetto, prima di scivolare sull’arpeggio di “Galaxies” che, a differenza degli altri brani, si muove in crescendo senza alcuna forzatura. Ancora il basso ipnotico di Stefano è protagonista in “The pianist“, che a dispetto del titolo è un episodio per le distorsioni della chitarra stranamente aggressiva, quasi grunge. Un quadro ancor più chiaro se si ascolta la delicatezza di “Crocodiles”, virata marcatamente elettronica che, forse, è semplice introduzione per le ridotte metriche elettroniche di “Miss Sunshine”, ancora una volta contraddistinta da un minimal leggermente più ritmato di quello ascoltato in “Millions”. La finale “Godspeed”, title-track del disco, è saggiamente suddivisa, nei suoi sei minuti e poco più, in un’ala puramente acustica e nel semplice dialogo tra chitarra e voce e in una seconda parte ai limiti dell’electro-punk, senza privarsi, tuttavia, dell’arioso lavorio dei synth.
Anche se sembra essere un lavoro “abitudinario” e privo di novità rispetto al precedente Punk music durino the sleep, questo Godspeed è così pieno di buoni episodi che fa augurare che gli Edwood abbiano tutta l’intenzione di proseguire su questa linea. Sono una pistola carica che spara proiettili alla stessa, identica e letale velocità, senza uccidere ovviamente.
(Lorenzo Tagliaferri)
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