Dopo aver recensito (Qui) il suo ultimo album The Halfduck Mystery ed inserito un suo brano,“Pop Skull”, in una delle nostre compilation (Qui puoi scaricarla) non ci restava altra cosa da fare che intervistarlo (siamo andati anche a vederlo al Solza Rock e se ti va QUI ci sono anche le foto); quasi una sveltina, un botta e risposta rapido, come i 5 minuti in cui a volte gli capita di scrivere quelle che poi saranno le sue canzoni ed i 5 minuti che impiegherai (forse meno) a leggere questa intervista.
Uno scheletro in copertina che sembra forse un po’ un “Pop Skull”?
Sì, è proprio lui. Sono convinto che ogni musicista rock debba piazzare un bel teschio in copertina almeno una volta nella vita. Lo status di musicista rock prevede determinati obblighi da rispettare, tra cui questo. Chi ha la possibilità di giocare con certi stereotipi non dovrebbe esimersi dal farlo. Assolutamente. è troppo divertente.
Paure, inquietudini, che scheletri ha nell’armadio Samuel Katarro e quali sono le sue paure? La musica serve a combatterle?
Le mie paure sono più o meno le stesse di qualunque altro occidentale. Fare musica serve a non pensarci più di tanto, ad occupare la mente con cose belle sostituendo quelle brutte.
Mi sono sempre chiesta perchè utilizzi un nome d’arte… oltretutto molto particolare ma, non mi interessano molto le origini, quanto le motivazioni.
è venuto da sè, paradossalmente mi sembrava più naturale che utilizzare il mio vero nome. Il mondo è così buffo e assurdo; ritengo sia giusto fare delle scelte dello stesso tenore. È una questione di coerenza.
Arrangiamenti anni ’60, che cosa rappresenta per te quella cultura a livello musicale?
Per quanto mi riguarda quella cultura non ha nessun valore (soprattutto per motivi anagrafici, chiaramente) anche se molta della musica prodotta in quel decennio è davvero imperdibile. La moderna concezione di musica rock è nata in quel periodo e come tutti sanno gli anni dell’infanzia sono i migliori, la maggior parte delle persone passa il resto della vita a rimpiangerli, forse anche io.
La tua voce, in questo album, è musica, la moduli e la suoni come uno strumento, sbaglio?
La voce è uno strumento a prescindere, nel mio caso forse ancora di più. Un po’ perchè ho lavorato molto sui timbri e sull’interpretazione un po’ perchè le strutture e le armonie vocali delle mie canzoni vengono sempre prima delle parole, hanno la priorità assoluta rispetto al testo e di conseguenza c’è molto più lavoro alle spalle.
Come vedi la scena musicale indipendente italiana?
Credo che non ci sia un’unica scena, ma tante realtà molto distanti tra loro sia a livello strettamente musicale che di approccio generale alla materia, il che è un bene perchè significa che non c’è più tanta voglia di scopiazzarsi a vicenda ma di ricercare una propria identità.
Non posso non chiederti del tuo incontro con Patti Smith, sei ancora attualmente in contatto con la sacerdotessa del Rock?
Naturalmente no. è stato un momento unico e tale deve rimanere.
C’è una cosa che hai sempre voluto dire sull’ultimo lavoro e non ti hanno mai stato chiesto?
Ti piace? Sì.
Cosa ascolti e leggi ultimamente?
Leggo troppo poco e ascolto troppo. Come sempre. Però ultimamente sto parlando più del solito. Deve essere una fase di transizione.
Il tuo nuovo album è uscito da poco però ti chiedo se ci saranno sorprese nei prossimi mesi (concerti/nuove uscite/collaborazioni) e se ti stai già dedicando alla scrittura di nuovo materiale?
Scrivo in continuazione, il che non significa che scriva molto, ma quasi tutti i giorni, anche 5 minuti a volte sono sufficienti per uno spunto interessante. I 5 minuti giusti! Poi, se non ricordo male, dovrebbe uscire il videoclip di “Pop Skull” e una nuova versione di “I am the Musonator” per una compilation.
Chiudiamo sempre le interviste chiedendo di lasciare una dedica/messaggio per i nostri lettori (magari perchè no, in dialetto toscano), quindi c’è un commento che vuoi lasciare nel nostro Guestbook?
Mangiate tanta frutta.
(Stakanovista Rock)
foto: Duccio Burberi