Il folk in Italia ha ormai preso due direzioni ben precise: la musica popolare di stampo dialettale/regionale, molto forte soprattutto nel Sud Italia (come dimenticare la storica Nuova Compagnia di Canto Popolare?), oppure la riproposizione del folk di stampo anglosassone o balcanico.
La domanda che sorge è: non è possibile una terza via? Non è possibile ragionare sulla cultura popolare italiana, partendo dalla tradizione melodica tutta italiana sia regionalistica che sinfonica, fondendola con le nuove sensibilità popolari come il jazz od il rock? Un esempio di questa terza via lo si può trovare in Renato Carosone che reinterpretò la grande tradizione della musica napoletana, fondendola con lo swing ed il jazz, creando, di fatto, un nuovo standard di musica popolare italiana. Ed è proprio questa la strada per la quale si incamminano gli Humus, ensemble molto promettente dalla provincia di Modena.
I 12 brani che compongono Popular Greggio hanno come punto fermo il richiamo alla grande tradizione melodica e cantautorale italiana, quindi un’attenzione particolare per i testi e per la voce.
I testi in parte sono stati donati da scrittori come Tiziano Scarpa – autore de “La Gattarina” e de “Lu Bombo Muscario” – e Paolo De Benedetti – autore di “Martino” e de LAngelo disse. Questa varietà letteraria, però, non costituisce un difetto, in quanto le orchestrazioni riescono a conferire fluidità all’ascolto tanto da non lasciar percepire le differenze della scrittura.
La voce di Ugo Ferrari, autore degli altri testi e delle musiche, esprime al meglio l’umore di fondo che permea da ogni traccia, ovvero una certa ironia che non scompare mai, nemmeno nei momenti più intensi e drammatici come “Canzone per Aldo” o “Quando vado via“.
La composizione dei brani, anche se molto lineare, è caratterizzata da una forte contaminazione. Nella salda cornice della melodia italiana si inseriscono le contaminazioni più disparate, ma sempre di stampo “popolare”: si parte dal brano musicalmente più scontato, “Cenere al vento”, per addentrarsi nel sottobosco sudamericano di “Ho visto”. Il viaggio prosegue diversificandosi sempre di più: si passa dalla jannaccesca “Giallo Cinese”, con tanto di arrangiamento bandistico, alle canzoni più legate alla tradizione popolare italiana come “Oggi” e “La Gattarina”, non manca il tenue pop sinfonico dalle tinte noir di “Martino” e “Quando vado via”, nè un incursione in territori più jazzy come “L’Angelo disse” ed “Ora me ne vado”.
La conclusione dell’album, affidata al rock di denuncia de “La ballata de Il grasso banchiere”, non è dello stesso livello del disco: un rock folk di protesta, tra i Negrita e i Modena City Ramblers, che rasenta la banalità compositiva. Un vero peccato concludere così questo Popular Greggio che, comunque, si può considerare nel suo insieme una prova di alto livello e sicuramente un buon punto di partenza per il futuro degli Humus.
(Nicola Palo)