Agli Eugénie ho affidato un compito difficile: risollevare una torbida domenica di fine estate. Probabilmente sarebbe stato meglio accoglierli con più benevolenza, infatti la sezione ritmica mi ha subito aggredito violentemente e piacevolmente. Tanto vale rilassarsi.
“Il centro delle cose”, manifesto del disco, è anche il pezzo di apertura, aggressivo e, a mio parere, di pregevolissima fattura. Quasi fosse un tappeto turco: trame (musicali) impeccabili ed intrecci (sonori) perfetti. “Farsi male” è la classica ballata-ma-non-troppo, quelli che probabilmente vengono chiamati in gergo musicale mid-tempo. I bpm sono lenti, ma la batteria ed il basso pestano sempre in modo molto cattivo, quasi a farsi male. “Lascia che…” si fa perdonare i puntini sospensivi con un giro di violino magistralmente malinconico e liriche ispiratissime. Quello che colpisce di questo testo, e di questa band in generale, sono i testi. Dannatamente validi! Mai scontati, mai banali, e dalle immagini figurative sempre molto interessanti. E adesso immaginate gli U2 live a Bolzano, senza quell’irritante fighetta di Bono. Ecco, in questo disco si chiama “L’abbandono”, un brano con le chitarre intrise di delay a fare da tappeto ad un cantato ipnotico, che ogni tanto scende in un quasi-parlato decisamente esaltante. Un riposo necessario per chiudere l’album con due pezzi decisamente da corna in alto nei concerti. “Perde la faccia” ricorda un po’gli ultimi Sikitikis, ma – come sempre – il testo fa la differenza, così come lascia un’impronta cattiva su “La Colpa”, dove potrebbe benissimo chiudersi il disco. Ed è questa l’unica pecca infatti, l’ultimo pezzo, sul quale però preferisco premere stop piuttosto che fare il fariseo, come altri. Insomma, l’obiettivo era risollevare la domenica, e l’obiettivo è stato raggiunto brillantemente! Tenete d’occhio questi ragazzi, cresceranno rapidamente.
(Mario Mucedola)