La redazione mi ha chiesto giustamente un’introduzione a questa intervista per spiegarvi il clima “intimista” in cui è nata.
Sono a casa di Sara Ferrari (Editore, Produttrice, nonchè tuttofare dei nokeys) a Parma. La cena/riunione ci serve per pianificare la nuova promozione e i progetti che coinvolgeranno i nokeys (tempi, media da coinvolgere, sorprese). Arrivo in ritardo come mio solito e, vengo accolta già da un tavolo imbandito. Rico, Gatto, Regina (consorte del Gatto), Bonzo e Lù sono già seduti, mi salutano e mi porgono un cuscino: stasera si mangia per terra (una cosa che, personalmente, adoro). Si comincia con l’aperitivo a base di pane tostato e formaggio mentre, Sara e Bonzo, si dedicano alle ottime salsicce e patate che si stanno cuocendo in forno. Tutta la cena sarà innaffiata da ottimo vino rosso.
E’ difficile spiegarvi le emozioni che provo ogni volta a parlare con queste persone che riescono sempre a stupirmi, anche con piccoli gesti: sono semplicemente in famiglia, in una bella famiglia e sono onorata di farne parte.
Semplicità, cuore, passione, grinta, rabbia ed autoironia in dose massiccia sono gli elementi che caratterizzeranno questa intervista. Mentre ceniamo affrontiamo la riunione e, successivamente, quando l’orologio segna già mezzanotte e siamo al secondo ammazza caffè, la mia intervista “oscura” ha inizio.
E’ insolito intervistarvi… alla fine conosco già tutto dei nokeys, anche quello che non vorrei sapere… (risate), cosa avete nascosto nel cassetto che la vostra promoter/giornalista non sa?
Bonzo: C’è un lato oscuro….
Ecco esattamente il lato oscuro dei nokeys…
B: Vuoi veramente sapere il lato oscuro dei nokeys ma, come banda?
Sì
Rico: Beh come banda si sublima nei pezzi…
Lu: basta che ascolti uno dei pezzi più anomali del disco, anomala in quanto detentrice di verità assoluta come tutte le cose forti: “Another Step”. Questo secondo me è il lato oscuro dei nokeys e quello vero…
Gatto e Bonzo: sì…anche qualcosa in “Morning”…
R: beh le tracce ci sono dapertutto….
G: diciamo che i punti in cui si intravede in maniera più definita sono quelle due canzoni, perchè le altre sono “sporche” e hanno un’aspetto di evoluzione, di crescita…
B: Anche “Morning” è redenzione.
G: sì in fondo, come “Another Step”.
B: Io faccio un discorso prettamente musicale: in “Another Step” e in “Morning” sono le prime che abbiamo inciso e, infatti, sono quelle meno suonate, c’è un’atmosfera strana in quelle due canzoni...
R: guarda il lato oscuro, al di là di tutto, esce soprattutto in concerto, perchè è quello il momento in cui tiri fuori tutta la merda e ce la sbatti dentro.. è proprio per evitare di doverlo mettere nella vita di tutti giorni. Secondo me, il discorso è proprio quello lì: non averne paura, affrontarlo in un momento o nell’altro, in scrittura ed in esibizione perchè, se non riesci ad incanalarlo, uno rischia di deprimersi.
A tal proposito mi ero anche preparata una domanda per chi ancora non vi conosce. Voi sul palco vi presentate con segni neri sul viso, quindi vi chiedo: quei segni rappresentano il vostro lato oscuro che emerge?
Sicuramente!
B: i segni sono fatti proprio per chi ci conosce, in quanto da giù a su dal palco non è la stessa cosa. Non siamo proprio le stesse persone. E’ come la maschera di Diabolik che la metti e vai a rubare… è la stessa cosa.
Quindi è come in Pirandello – “Uno, Nessuno, Centomila”?
R: Beh penso a Pirandello come fanno tutti alla fine…
G: solo che noi l’abbiamo contestualizzato in qualcosa che ci viene bene fare insieme. Cioè di solito quando tu, almeno vedo le persone con cui sono a contatto tutti giorni, vuoi tirare fuori il lato oscuro vai a prendere a pugni un sacco in palestra oppure fai attività in solitario, mentre, noi quattro, abbiamo la fortuna di poter mettere in live il lato oscuro individuale e della band, tutto insieme.
R: sì è vero, il discorso poi in realtà è che la nostra non è una maschera, è un venire a patti con una parte della tua realtà, per cui non è che sul palco siamo così e fuori dal palco siamo diversi…non è vero! Però è chiaro che uno è una persona a 360° e vive questo aspetto in maniera più privata fuori dal palco.
Lu: noi poi siamo persone che non applichiamo molto la maschera sulla vita reale, cioè se ti devo mandare il messaggio te lo mando, non è un problema… è che magari non lo faccio con la stessa intensità ed esplicitazione che, può essere violenta, con cui lo faccio sul palco.
Cosa vuol dire fare musica e diffonderla in Italia ed Europa?
B: Che domanda….
R: La guerra! Vuol dire tirare fuori la mappa, leggere “L’Arte della guerra” (risate) e armarsi (risate)… è capire che diffonderla è una cosa che non ha niente a che fare con la musica.
Lu: illudersi di poter fare squadra con gente che è messa come te e capire che non lo potrai mai fare… perchè il mercato discografico italiano è un mercato di suicidi. O per ignavia, o per mancanza di focus, o per mancanza di avere qualcuno di fianco che è più focalizzato di te, e invece di dire: ”Aspetta che provo a fare come loro”, prendi le distanze.
E’ una guerra solitaria. Non hai l’idea di muoverti con un fronte e, se parli della musica indipendente italiana è la cosa più disomogenea che esista… se noi solo capissimo che abbiamo una forza comunicativa, potremmo fare qualcosa, invece è un fronte che non esiste.
R: E’ il discorso anche della quasi impossibilità a trovare dei partners. Tanta gente non emerge perchè magari ha talento, però, non ha le doti necessarie a veicolare questo talento. Allora, più si va avanti e più si cerca di imparare queste doti, se non le si hanno, più ci si rende conto che intorno non trovi degli aiuti, non trovi dei partners, non c’è una coalizione, devi fare tutto da solo!
Lu: con un’aggravante che l’ambiente è un ambiente da “scabbia artistico”, di conseguenza, c’è il famoso cocktail sociale tra aspettative e disillusioni che porta alla creazione di maschere. Quindi ti trovi a parlare con persone frustrate a morte che hanno una maschera che è tenuta su col bastoncino e, non riescono a focalizzare, in quanto non hanno una valvola di sfogo. La differenza è che noi quella maschera ce la togliamo nei live, loro mai.
R: se tu leggi il bellissimo manifesto che hanno scritto i Betty Poison su “Indie Died” che io ho sottoscritto, anzi sembra un pezzo scritto da noi! Dice, in poche parole, basta a queste persone che amano farsi fotografare ed essere esistenzialmente provati ed atteggiarsi…
Lu: quando tu dicevi “Uno, Nessuno, Centomila”, secondo me, nel nostro caso, è “Noi, Troppi, Qualche Milione”, il titolo è da rivedere da questo punto di vista, perchè noi, troppi come noi, qualche milione di stronzi.
R: poi i Betty hanno un loro zoccolo duro di pubblico che li sostiene, in quanto quella è un uscita che se fai nell’ambiente sbagliato ti mettono in croce, proprio perchè vai ad attaccare una realtà solida che ama quello che è, ama il fatto di credersi in difficoltà e contro il mondo ma, non vuol fare un cazzo per cambiare le cose!
Quindi il vostro concetto di indipendenza qual’è? Definite la parola “Indipendente”.
Lu: Per noi essere indipendenti, visto che siamo anche un’etichetta, non ci dà la gioia dell’indipendenza, perchè cosa c’è di bello nell’essere indipendenti?
B: Il fatto di essere indipendenti, sei te mano destra e mano sinistra e vai…
R: Non hai bisogno di quella esperienza collettiva, perchè sei te stesso.
G: Perchè, a seconda del campo in cui ti vuoi muovere può servirti o meno l’esperienza. L’esperienza in questo campo è sempre legata ad una serie di contingenze, quindi, dire fare esperienza sull’esperienza di qualcun altro puoi farlo come no, anche perchè poi come lo leghi l’esperienza fatta su una band a un’altra band? Noi non ci ha aiutato nessuno a capire come trovare il produttore svedese e l’agenzia di promozione. Noi abbiamo provato ed abbiamo trovato delle persone che ci hanno ascoltato…
R: Sì con fatica eh? Una cosa che poi mi dà fastidio è quando, altri gruppi, alla domanda di come hanno fatto a trovare il produttore, ti rispondono che un giorno queste persone hanno ascoltato il loro disco e hanno deciso di produrlo. Questo discorso mi fa veramente arrabbiare perchè, per trovare quel poco e tanto allo stesso tempo che siamo riusciti a trovare, ci siamo fatti un culo che qui dentro non ci sta!
Lu: Per capire cos’è essere indipendente basta anche solo andare fuori casa. Dentro casa hai i tuoi genitori che ti lavano, stirano… fuori casa le mutande te le devi lavare tu. Che poi in questo ci sia un fascino o, qualcuno ci veda un fascino, è un’altro discorso.
R: Con questo non è che noi siamo esclusivi, noi siamo molto inclusivi però, sappiamo che non dobbiamo farci illusioni. Noi andiamo avanti contando solo su di noi poi, se incontriamo sulla strada qualcuno che vuole essere indipendente in questo senso tanto meglio, però, non abbiamo bisogno dell’esperienza collettiva a tutti i costi, anche perchè abbiamo visto che è fallimentare…
B: …e poi comunque, maledettamente, essere indipendenti non è un atteggiamento è una necessità. Ti trovi ad affrontare e a mandare avanti una cosa artistica osteggiata da qualsiasi cosa. Sei te e il tuo culo e quello di poche altre persone, non di più. L’indipendente vera non ne trova 20 ma al massimo 8 in totale, punto e basta.
Lu: chi parla della bellezza dell’indipendente vuol dire che non ci sta mettendo i soldi…
Bonzo: per me l’unico indie è Indiana Jones (risate).
“The Regency” – Le reggenze – state ancora vivendo un momento di reggenza?
B: sai che forse non la stiamo più vivendo? E dico forse forse siamo agli sgoccioli di questa reggenza…
E quindi, cosa viene dopo una reggenza?
R: un regno o una guerra (risate)
B: sì un regno o una guerra ma, una reggenza ormai non più. Mi confronto con quello che abbiamo vissuto 6 mesi prima di “The Regency” e questi 6 mesi passati. Prima di “The Regency” c’era…
R: un vuoto pneumatico… comunque, anche secondo me, ci sono i presupposti per qualcosa
Che non si sa se è Guerra o Regno?
Lu: Non c’è Regno senza Guerra
B: Diciamo che il canale è molto più tracciato di quando abbiamo registrato “The Regency”…
R: se non altro noi siamo cambiati molto… prima era più sperduta la questione
G: prima non avevamo chiaro che tipo di direzione avrebbero preso i fatti e gli avvenimenti che ci stavano capitando, adesso un punto cardinale ce l’abbiamo, ed è il Nord-Est.
Avete varcato la cosidetta “prima linea”, poi ce ne saranno altre ma questa l’avete varcata
R: Sì, sicuro non siamo allo stesso punto di prima.
E’ una cosa che chiedo un po’ a tutte le band: che cos’è per voi la il concetto di sperimentazione?
B: posso fare lo sborone? Quello che facciamo sempre (risate)
R: se la sperimentazione è sistematica, cioè adesso voglio fare della sperimentazione allora è inutile. Se, invece, fai delle cose che ti vengono spontanee è un’altro discorso…
B: sperimentazione è già non fossilizzarsi sulle cose che hai sempre fatto, spostare in là i limiti
Lu: combattere l’ autoreferenzialità
R: io ho un po’ paura della sperimentazione programmata che diventa: “Io devo fare la sperimentazione”
B: esatto , perchè diventa un delirio progressive, è una parola pericolosa sperimentazione..
Lu: non necessariamente vuole dire innovazione
B: a Parma c’è un termine che usiamo per chi vuole a tutti i costi sperimentare : “Sblinder”. E’ un delirio fine a se stesso, nasce e muore nel concetto di sperimentazione, non è una tua pulsione che ti fa cercare quel tipo di sonorità ma l’obbligo di voler sperimentare, perchè è artistico.
Lù: Tipo io che passo, proporzionalmente a loro, più ore in studio in assoluto, non definirei le mie ore di “sperimentazione”. Sto soltanto vivendo ed utilizzando un altro lessico… se te lo vengo a raccontare non è più sperimentazione, è una cosa intima che molto spesso viene in modo naturale.
Teorizzata non è più sperimentazione…
R: Esatto, fai quel che in quel momento faresti. Ad esempio, stavo facendo ascoltare alcuni pezzi delle pre-produzioni del nuovo Album a Camillo (amico, musicista e regista del nuovo video dei nokeys) che mi ha detto: “Cazzo, veramente sperimentale questo inizio!” ma, io non avevo assolutamente pensato che potesse esserlo.
Lu: se tu vuoi sapere cosa c’è di sperimentale nei nokeys è che noi non partiamo dicendo adesso facciamo una canzone dark oppure la scrivo punk. Il fatto sperimentale è scrivere un brano e vedere se ti sta addosso.
B: io ho incominciato ad ascoltare i Joy Division a 30 anni ma perchè abbiamo scritto un pezzo in cui la forma migliore era il punk!
R: Quando abbiamo cominciato a scrivere i pezzi del nuovo Album e, abbiamo visto che incominciavano a venire fuori solo in inglese, non ci siamo mai chiesti: “Eh ma forse non dovremmo abbandonare quella formula del misto”, però, a quel punto, sarebbe stata una forzatura in quanto i pezzi non nascevano misti. Abbiamo fatto un piccolo passo in avanti e, questo forse, è sperimentale per noi.
Cosa amano e da cosa vengono delusi i nokeys?
G: i nokeys amano le emozioni, vedere che le persone che hanno davanti ad un palco rispondono, i nokeys amano le cose vere…
R: i nokeys amano molto anche i nokeys…
Lu: sì perchè abbiamo distillato una marea di merda (risate), è come il procedimento per una buona grappa, ti piace, capisci?
B: Parlare dei nokeys così, come entità, lo trovo abbastanza scorretto, perchè sono 4 stronzi, ognuno con la sua personalità. Cosa amano? Tutto. Cosa odiano? Tutto.
G: sono delusi dal fatto che troppo spesso avevano ragione
Sara Ferrari: però i nokeys amano la Sara
(risate)
Assolutamente sì (tutti in coro)
Lu: e sono delusi dalle perdite di tempo.
Cos’è per voi la Svezia?
B: Un posto pieno di figa! (risate)
R: E’ stata un’opportunità
B: Il primo sguardino fuori oltre il muro, questo è stato per me
Lu: E’ riflettere su una zona che, francamente, non avevamo preso in considerazione ma, che si è dimostrata sempre, non dico grata, ma corretta. Non abbiamo avuto ne di più né di meno di quello che ci aspettavamo
G: E’ stata una miniera d’oro ma devi scavare per raggiungerla (cosa che abbiamo fatto molto) ma alla fine l’abbiamo trovata…
R: e poi abbiamo trovato, questo “mood”, questa atmosfera che ci si addice.
Lu: Nell’anno, guardandolo anche dal punto di vista puramente matematico senza scadere nella solita polemica, quello che abbiamo fatto in Svezia non ci ha deluso; quello che abbiamo fatto in Italia un po’ ti lascia con l’amaro in bocca che, non è delusione ma, ti sembra di non seguire un progetto lineare, sono tanti frammenti buttati lì, invece, in Svezia è stato tutto lineare. Questo per me, è un dato di fatto a prescindere dalle cose che hai fatto tu, come promozione, che fila tutto dritto. La discontinuità, ad esempio, che abbiamo avuto fra Milano e Roma non si è verificata là, non è che noi non suoniamo a Stoccolma ma suoniamo a Malmo o viceversa.
Le novità che posso svelare?
R: Beh c’è l’uscita del video di “Pretty Girl” a fine settembre con la presentazione ufficiale a Milano, Roma, Stoccolma con la partecipazione di set prestigiosi della scena dark come, Dj Chiaretta e Dj Katti (che ha realizzato per noi anche il mix di “Dolore Dolcissimo”) e poi… ad inizio Settembre parteciperemo e suoneremo al Popkomm di Berlino!
Non finisce qui: c’è in cantiere un nuovo singolo con Stefan Boman che anticiperà il nuovo Album.
Cosa leggete ed ascoltate in questo momento?
S. F.: Luca ascolta solo i Depeche Mode
Lù: non è vero…
B: adesso sto ascoltando i Doors
G: i Muse dei penultimi album
R: io i Kent e Mark Lanegan
E cosa leggete?
B: io ho finito adesso l’ultimo di Dan Brown, anche se so che è banale
R: come sei indie (risate) Io sto leggendo “Shutter Island” di Dennis Lehane
B: eh ma come sei “sbellone” (risate)… io almeno leggo quelli dell’autogrill (risate)
Lu: io sto leggendo complicatissimi manuali di istruzione di interfaccia (risate)
B: altro che indie questo qua (risate)
E tu Gatto?
R: non sa leggere (risate)
G: io sono analfabeta (risate)
C’è una canzone che avete sentito e avreste voluto scrivere voi?
B: quanto tempo hai? Hai due o tre mesi? Ce ne sono parecchie.
Una in cui tutti e quattro vi trovate d’accordo
Noooo (corale)
B: tutti e 4 è impossibile
G: ci devi dare dei coltelli per essere d’accordo
S. F.: per me, personalmente, la canzone che vi ha sempre messo d’accordo è “Personal Jesus”
B: però ce ne sono tante altre…
R: è troppo difficile, ce ne sono mille… personalmente avrei voluto scrivere “Disorder” dei Joy Division e “If I Were Carpenter” di Johnny Cash.
B: Come gruppo non siamo mai andati d’accordo sui gusti musicali…
Lu: ecco sperimentazione è metterci tutti e 4 in una stanza e vedere cosa succede (risate)
B: E’ stata sperimentazione capire che suoni volevamo avere per l’Album, perchè abbiamo sempre ascoltato roba diversa, istinti diversi, pulsioni diverse…
Lù: è per quello che quello che facciamo ci piace davvero, perchè ci deve realmente convincere
B: per dirti musicalmente noi siamo tendenzialmente Depeche ma io sono un batterista e nei Depeche la batteria non c’era. Loro non se ne accorgono ma continuo a suonare anni settanta sotto la loro musica anni ottanta
Lù: no ce ne accorgiamo e infatti ti bacchettiamo (risate).
Tipo in “Ultra” c’è la batteria e quindi lì c’è un punto di unione.
C’è un messaggio/dedica che volete fare ai lettori di Shiver?
R: è presente in “The Lads”: Live Fast, Live Curios, ‘cause life is short and time is furios
che poi è un riassunto del discorso che abbiamo fatto prima.
Lascio la mia band con la promessa che, un giorno, mi racconteranno il libro nero dei loro lati oscuri…
(Stakanovista Rock)
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