I Twelve Days Of Fitness nascono come progetto strumentale di Matteo Ricci (chitarra) e Daniele Gasparini (chitarra, tastiere) al quale si aggiunge solamente in un secondo momento la voce di Marco Cappelli. Questa incredibile band ci regala circa 25 minuti di musica strepitosa. Punto. E’ sufficiente respirare un paio di volte le bellissime atmosfere di “Oneida” e “Chinese Glad Eno”, per essere irreversibilmente stregati dalla musica dei nostri, la cui profondità si rivela poco a poco, chiedendo all’ascoltatore giusto un po’ di attenzione e fiducia, perché le cose davvero belle che ti rimangono dentro sono quelle che ti conquistano un pochino alla volta.
Difficile rendere a parole la ricchezza di questi 7 pezzi fantastici che odorano di dream-pop, shoegaze, post-rock, indie, psichedelia e lontani echi e nu-metal (quello intelligente però, di band come Tool e A Perfect Circle, niente chitarroni o growl), ma che alla fine sono semplicemente 7 magnifici pezzi rock ricoperti da strati di synth, drum-machine, mellotron… Fatevi largo tra tutto questo ben di Dio e arrivate al cuore di questa band, ovvero le melodie e le chitarre di Matteo e Daniele, che accompagnano, rincorrono e flirtano per tutta la durata dell’Ep con la voce di Marco; lo fanno in maniera garbata, elegante, quasi sottovoce, a dimostrare che un’idea, anche se semplice, ma di buon gusto, e soprattutto messa al servizio del pezzo, vale più di mille virtuosismi o esercizi di tecnica gratuiti. Ci tengo a dedicare uno spazio solo per la parte vocale: in una parola, stupenda. Bellissime melodie, grande voce e personalità che vanno a completare il quadro sopra dipinto. Se poi, come mi sembra di capire, la parte strumentale era quasi ultimata (nasce come progetto strumentale, quindi…) e Marco ha aggiunto il cantato successivamente e non nel pieno processo compositivo, allora chapeau, perché trovare queste linee vocali perfette e stenderle su un tappeto che già di suo era completo e vario è una dimostrazione di talento pazzesca (e se qualche sapientone pensa che sia facile, lo invito a farsi avanti). Riesce infatti a ritagliarsi un suo spazio, districandosi in mezzo al suono totale della band, valorizzandone completamente il lavoro senza mai rubare spazio alla musica, mai sopra le righe, in equilibrio perfetto. Il suo approccio al cantato mi ha ricordato molto da vicino il lavoro di Mainard James Keenan su Aenema dei Tool e Thirteen degli A Perfect Circle, un vero maestro in questo stile “trasversale” (sia ben chiaro che per me questo vale un enorme complimento, adoro Mainard e le sue band).
Disco assolutamente raccomandato a tutti, proprio a tutti; d’altronde se ci sono centinaia di persone che sprecano il loro tempo con band di cialtroni come i Finley, perché non se ne possono trovare altrettante che abbiano 25-26 minuti da dedicare a questo gioiello? Troppi??? Ok, ok ,ok, seconda chance; vi “rubo” solo i 4:07 minuti di “Lodo”, un pezzo che tanti nel mondo (SI, NEL MONDO) pagherebbero per essere in grado scrivere, tanto sono sicuro che la sua rara bellezza sarà più che sufficiente a farvi entrare nel mondo dei Twelve… poi mi ringrazierete.
(Andrea Gnani)
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