Ogni volta descrivere un disco totalmente strumentale di stampo “post-rock” mi fà sudare, perchè è musica che fà da colonna sonora allo stato d’animo e può essere interpretata come si vuole ma è un genere che ormai naviga nelle stesse acque da molto tempo e risulta sempre più difficile stupire ed emozionare.
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Quello che abbiamo tra le mani è 38° parallelo, la seconda fatica de L’uomo di vetro, un giovane quintetto di Foligno a cui piace (a quanto pare) l’aria di Glasgow, questo perchè è inevitabile il paragone con i Mogwai in buona parte del disco, ma non è il caso di buttarsi giù perchè non si tratta di pezzi banali e soprattutto tra le otto tracce spiccano alcuni episodi particolarmente riusciti come “American nightmare” con quello xilofono che non ti molla mai e la batteria che dimostra, come in tutti i brani, di essere il punto cardine della band, mentre “Germania anno zero” la rimpiango per i suoi soli tre minuti di durata; un piano solitario viene “sporcato” dal brusio di gente in sottofondo e proprio quando sembra che debba “spiegare le ali” tutto si placa nel silenzio.
“Make up the rules as we go along” è una cavalcata con un finale al ralenti dettato da una batteria sempre più “stanca” tra intrecci di chitarre. Il punto più alto lo si raggiunge con la lunga e conclusiva “Peckinpah’s twilight”, con quel suo continuo crescere; percussioni quasi “tribali” e quell’esplosione finale che ci aspetta ma che non avverrà.
“L’uomo di vetro” ha fatto un bel disco, che se fosse uscito dieci anni fà avrebbe avuto tutt’altro sapore, mentre ascoltarlo con le orecchie di oggi sembra quasi in “stallo” ma credo che “38° parallelo” sia solo una fase transitoria in vista di una evoluzione, un disco che vuol far capire che certo post-rock è reperibile anche in Italia, a Foligno.
(Andrea Tamburini)
Myspace – Scarica la Compilation con il brano “Peckinpah’s Twilight”