Sera d’estate, caldo torrido e in sottofondo l’Album “Bad Apple Sons”. Il caldo scompare, un brivido scorre lungo la mia schiena. Alla luce di un abatjour e con questo senso di inquietudine sono pronta ad accogliere i Bad Apple Sons nelle mie umili e cupe stanze.
Non potevo non accogliervi con la domanda “Vi State Divertendo”?
(Per chi non ha ascoltato questo Album, mi sto riferendo all’intro che vi accoglie con tono beffardo nel mondo dei Bad Apple Sons – Matter Horn – che, verrà ripresa anche verso la fine con Matter Horn II… una sorta di voce narrante che vi segue e vi accompagna nel loro mondo). Come e a chi è nata questa idea?
è nato tutto nelle ultime ore di sessione di registrazione, durante le sovraincisioni delle voci. Avevamo la base musicale pronta da un po’ di tempo (composta dal nostro bassista, Andrea Cuccaro) e già la utilizzavamo come introduzione ai nostri live. L’idea era di porla come intro del disco, ma così ci sembrava troppo fine a sé stessa. Allora Clemente (voce principale) mi ha proposto di recitare una frase ad effetto, possibilmente in tedesco o in francese. Provate entrambe, abbiamo infine optato per il francese, data la sua fluidità e il tono sornione; “Vous vous amusez?”, Vi state divertendo? Ci sembra un ottimo inizio per un disco volutamente cinico e dai contenuti estremamenti passionali e patetici (nel senso di pathos), un’inaspettata irruzione nel torpore e nell’indifferenza che regnano nei nostri tempi. Tempi in cui il più delle volte il divertimento è solo un blando travestimento per un carnevale condannato a ripetersi con stanca monotonia ogni giorno, nelle vite di ognuno di noi. Cos’è ormai il divertimento? Vi state REALMENTE divertendo? Per finire abbiamo aggiunto un violino, suonato dal magico Maestro Wassilij Kropotkin, già all’attivo con Samuel Katarro e la sua Tragic Band.
Cosa vuol dire Autoproduzione in Italia oggi e come vedete il nostro “mercato”? Abbiamo bisogno di prendere forse un “tè morale” – Take this Moral Tea?
Ahahah, forse, al contrario, avremmo bisogno di MENO the morali! Ma non mi pare opportuno parlare del significato di Take This Moral Tea in questa sede.
Pensiamo che si possa far riferimento a delle persone, ad una scena, ad un gruppo di musicisti, senza necessariamente far parte di una etichetta discografica, soprattutto a livello emergente. Mi spiego meglio: siamo usciti sotto la spinta di un consorzio di publishing e management, la A Buzz Supreme di Andrea Sbaragli e Fabio Vergani, che ci ha permesso di avere un minimo di notorietà a livello nazionale, sia per quanto riguarda il web sia per quanto riguarda la stampa cartacea (abbiamo ricevuto numerosi consensi su testate importanti quali Rumore, Rockerilla, Blow Up ecc). La scelta dell’autoproduzione è stata assolutamente consapevole e ha avuto i suoi pro e i suoi contro – come per ogni cosa – ma in linea di massima siamo soddisfatti di come stia andando il disco nonostante non abbia alcuno slancio sul mercato (non abbiamo distribuzione) e di come stia lavorando l’agenzia. è molto difficile infatti, soprattutto per gruppi emergenti prima d’ora sconosciuti, avere una visibilità così ampia alla loro opera prima. Figuriamoci trovare una buona etichetta (anche se di offerte, c’è da dirlo, ce ne sono state in passato, ma comunque poco convenienti e convincenti). Non sto dicendo che non avremmo MAI un’etichetta, ci mancherebbe, bensì a come l’autoproduzione (sostenuta da persone competenti, si intende) possa essere un’agile compromesso per iniziare a “produrre” musica, anziché limitarsi a “suonarla” semplicemente.
Ossessione, psichedelia, sperimentazione, sono tre aggettivi che potrebbero descrivere il vostro Album? Quale significato date a questi tre termini?
Sono certamente tre elementi fondamentali per rendere il “conturbante” che risiede all’interno di ogni frequenza sonora di questo disco. Ma non i soli. Proveniamo tutti e quattro da esperienze e backgrounds musicali differenti tra loro e l’ossessività, la psichedelia e la sperimentazione sono il crocevia delle nostre contrastanti personalità e sensibilità musicali. Il sound è un compromesso del tutto naturale, niente è stato scritto a tavolino, è stato tutto composto con “minuziosa visceralità”. Abbiamo anche influenze comuni, ovviamente rintracciabili nel disco, ma crediamo sia un frutto sincero e spontaneo, con molti richiami al passato e al presente, certo, ma con una sua personalità.
La vostra lettura e opera teatrale/cinematografica preferita ? Alcune atmosfere che ricreate nell’album mi fanno pensare a set ed immaginari tipici di Kubrick… possibile o è l’oscurità a deviarmi in questi pensieri?
Ti giuro che questa domanda sulla cinematograficità del disco è un punto costante in ogni intervista. Quasi quasi iniziamo a comporre colonne sonore. Ahah, chi lo sa, nel futuro tutto è possibile. Comunque il cinema è una passione che accumuna tutti i Bad Apple Sons, chi più chi meno, e ritornando al discorso della domanda precedente è possibile che inconsciamente questa passione si sia riversata anche nella composizione musicale. Un processo del tutto incosciente e involontario, lo ammetto, ma se il 90% della critica riscontra suggestioni da cinema d’autore, vuol dire che un fondo di verità ci sarà (e, figurati, ne siamo assolutamente felici!). Andando nello specifico però ti devo correggere riguardo Kubrick… diciamo che la nostra musica è più consona a rievocare atmosfere e inquietudini tipiche del grande David Lynch. Ma se vogliamo mettere Kubrick di mezzo, ben venga, e ti ringraziamo! In sintesi, credo che ogni esperienza “artistica” che riguardi una persona (teatro, cinema, pittura, letteratura…) la possa influenzare nel profondo anche nella vita di tutti i giorni e se vogliamo entrare nel particolare del “mestiere” del musicista, anche nell’idea di comporre musica o semplicemente nell’atto del suonare il proprio strumento. Può sembrare una banalità, ma penso sia un elemento che molti tendono a dimenticare fermandosi ciecamente al “prodotto di superficie”. Non voglio dire che io, per esempio, appassionato del grande teatro sociale francese del ‘600 o delle grandi suggestioni dell’avanguardia artistica novecentesca, debba per forza additare costantemente i vizi e lo squallore del mio vicino di casa oppure parlare apposta come un dislessico, ma sono certamente elementi che condizionano profondamente il mio modo di vivere e di vedere il mondo e, consequenzialmente, di suonare e comporre musica.
Come avviene il processo creativo all’interno dei Bad Apple Sons ? Esistono particolari schemi?
Nella più totale libertà. Non abbiamo mai avuto schemi precisi in testa, tutto siamo fuorché di mentalità pop. Non è un “punto orgoglio” questa affermazione, bensì una constatazione. Il nostro processo creativo parte nel momento in cui imbracciamo uno strumento e iniziamo a suonare incessantemente. Dopo due o tre ore di “jam” (vogliamo chiamarla così?), appuntiamo le fasi interessanti e ne estrapoliamo minime cellule musicali dalle quali nascono i pezzi. In base alle suggestioni trasmesseci dal pezzo, arriva il cantato, poi una bozza di testo, l’arrangiamento finale e il brano è finito. Molte volte può essere frustrante e ti pare di avere buttato via una serata inutilmente, strimpellando cose sentite e risentite. Ma dopo qualche prova ti accorgi dell’intesa che si è creata all’interno del gruppo nel suonare quel pezzo e tutto diventa improvvisamente più chiaro, e ne esci felice e motivato ad andare avanti per quella strada. Lo sforzo psicologico nel non riuscire (non per mancanza di capacità, quanto per attitudine comune) a comporre un pezzo partendo da uno schema o da un giro di accordi prefissato è notevole, fidati. Ma oramai siamo abituati. Magari presto le cose cambieranno… chi lo sa.
Avete aperto per diversi artisti famosi della scena musicale indipendente (Teatro degli Orrori, Marlene Kuntz, Zu, Patti Smith). Come è stato scaldare il pubblico di queste band e dividere il backstage con loro?
Bellissime esperienze che fanno parte della naturale evoluzione di un gruppo emergente. Abbiamo avuto modo di suonare anche in situazioni assolutamente estranee a noi come al Viper Theater di Firenze in occasione del concerto di Dente, che, per quanto io lo possa apprezzare come artista, c’entra ben poco col nostro sound… ma chi se lo sarebbe mai aspettato! Il pubblico non solo è rimasto per tutto il concerto (l’auditorium era pieno) ma ha anche apprezzato all’unanimità. Mr. Peveri purtroppo era in albergo e non ha avuto modo di sentirci…vabbè. Ci fa molto piacere comunque vedere come il pubblico musicale italiano si stia sempre più interessando anche alle piccole realtà indipendenti. Secondo me in questi anni si stanno gettando le basi per un’importante rinascita del rock targato Italia; un po’ un ritorno a quei mitici 80-90 che tanto hanno fatto nell’immaginario musicale della nostra penisola. Sto parlando di un processo in atto, non ancora compiuto, si badi bene. Ed è bello ricevere apprezzamenti non solo da un pubblico accorso ad una serata per vedere un gruppo di una certa importanza che non sia il tuo ma anche dagli “esperti del settore”; ultimamente, per esempio, abbiamo ricevuto dei lusinghieri complimenti da Alessandro Fiori dei Mariposa, cosa che ci ha riempito d’orgoglio. Notiamo quindi una certa apertura da parte di artisti di grande calibro nei confronti di quelli minori quali possiamo essere noi e soprattutto, anche grazie alle nuove tecnologie “mediatiche”, un confronto più diretto e uno scambio che spesso può diventare amicizia con suddetti soggetti. Amicizie che nell’ambito musicale possono tradursi in importanti progetti e collaborazioni. Un bell’ambiente, di sicuro.
Cosa sono i contest per voi ? E’ un bene farli per le band emergenti?
Fondamentali. Soprattutto per due motivi: il primo è il mettersi a confronto con altre realtà musicali nazionali e acquisire quindi una coscienza più matura riguardo la musica “che ti sta attorno” e le dinamiche che la controllano; secondo è la possibilità che questi contest possono offrire a giovani band emergenti. Grazie ai contest noi abbiamo potuto aprire ai Marlene Kuntz e soprattutto, con la vittoria del Rockcontest nazionale di Radiopopolare/Controradio del 2008, abbiamo potuto incidere il nostro primo album in uno studio di eccezione, il Larione 10 di Firenze, e aprire a gruppi come Offlaga Disco Pax o Patti Smith. è un piccolo incentivo all’avviarsi alla professionalità del settore e uscire dalla classica etichettatura di “gruppo emergente”. Il Rockcontest in particolare è stato molto importante per noi. Se non l’avessimo vinto…beh…chissà, magari non mi ritroverei nel cuore di Firenze a rispondere a questa intervista con 38 gradi all’ombra.
Che rapporto avete con il web e le nuove tecnologie?
Come ho avuto modo di accennare prima, credo che ora gran parte della musica indipendente in Italia si faccia strada prima sul web, poi sui palchi. Questo fenomeno non dev’essere considerato tanto come un nostalgico “Ubi sunt” di un’era musicale ormai tramontata quanto di una naturale evoluzione delle cose. La musica, infatti, prima grazie a myspace, adesso grazie soprattutto a social network più articolati quali facebook o twitter, è così più alla portata di tutti contribuendo alla formazione di un pubblico più folto e di una coscienza critica maggiore. Contributo che, ripeto e tengo a sottolineare, tende a manifestarsi nella sempre più ampia proliferazione di realtà e scene musicali regionali e nazionali. Anche noi ovviamente stiamo imparando a prendere confidenza con queste realtà. Può essere difficile all’inizio ma al giorno d’oggi è fondamentale, soprattutto se operi nell’ambito della musica indipendente: si creano fitte reti di scambi e amicizie molto preziose, sia tra pubblico che artisti. Abbiamo un nostro space, un nostro sito, una nostra pagina facebook e twitter facilemente rintracciabili, e a breve un canale youtube. Piano piano ci stiamo organizzando.
“I’m the cutter” personalmente è la canzone che preferisco, si trascina lenta, sembra quasi un lamento. Riferendomi anche al testo, potrebbe essere il lamento del vostro cuore, delle vostre anime?
Sì, è probabilmente la punta dell’iceberg del nostro disco. è un pezzo che è nato molto lentamente prima di avere non tanto una struttura precisa, quanto un arrangiamento completo; è molto difficile dare un senso a due note di basso che si protraggono per nove minuti ossessivamente, ma credo che il risultato finale possa considerarsi più che degno (e il tuo giudizio ce ne da conferma, per questo ti ringraziamo di cuore). Per quanto riguarda il testo è il delirio sessuale-carnale di un carnefice che, durante un rapporto sessuale, inizia letteralmente a fare a fette il suo partner (da qui Cutter). Dopo il sesso anale, è il più grande atto di possesso che un uomo possa avere nei confronti del suo amante. Ho parlato di “summa” del disco in quanto racchiude la massima perversione che un essere umano può covare all’interno del suo animo; un desiderio di totale conquista, una furia primigenia che si scatena prima con un sofferto orgasmo e poi con l’atto finale, la violenza omicidia. Leitmotiv di tutto il disco sono infatti i temi della “perversione e dell’ossessione” in tutte le loro sfaccettature: l’erotomane di The Claim, i deliri apocalittici di un uomo che, seduto sugli scogli, immagina una congiura di balene contro il mondo (Whales Are Watching), la ragazza che per il solo gusto di trasgredire si fa trarre in inganno da un fasullo santone che le offre un particolare “tè morale” (Take This Moral Tea)… Tutto ciò può sembrare difficile da digerire (e ascoltare?), ma sono particolari sintomi che noi personalmente riscontriamo nella realtà di tutti i giorni. Quindi non è un lamento dei nostri animi, quanto di tutti gli animi, pensiamo.
Quali sono i vostri attuali ascolti?
Bisognerebbe interpellare i singoli elementi dei Bad Apple per rispondere a questa domanda. Per quanto mi riguarda è da un anno a questa parte che ascolto prevalentemente musica italiana… Sono rimasto decisamente colpito dagli ultimi lavori di Zen Circus, Teatro degli Orrori, Appaloosa e tante altre realtà minori presenti sul nostro territorio… poi grande canzone d’autore del passato come Mina, Matia Bazar, Battiato o anche il garage anni 60-70 mi piace molto, oppure la scena new wave bolognese tra 70 e 80. Ovviamente non dimentico i grandi mostri esteri che sono permanentemente “sul piatto”… ma la lista sarebbe infinita.
Progetti oscuri futuri? Live, video?
Questa settimana abbiamo sull’homepage del portale Rockit il nostro primo videoclip-live ufficiale, The Claim, che presto sarà presente anche su youtube e sui nostri canali web. è in cantiere anche un’altra ripresa di un nostro concerto tenutosi all’Auditorium flog di Firenze, entrambi i video montati e girati dalla Fantomatic Agency gestita da due elementi degli Eterea Postbong Band (Trovarobato), che qui salutiamo. Per quanto riguarda i live, non avendo un booking “ufficiale” è molto difficile suonare in giro per l’Italia, ma siamo fiduciosi e speriamo in una bella serie di date tra autunno e primavera.
Altri progetti?…mmh…un E.P. nella nostra beneamata madrelingua? Forse un cambio di rotta. Perché no?
Congedandomi nelle mie stanze buie ed attendendo la luce del mattino che verrà (non so se per salvarmi), c’è un messaggio/dedica/minaccia che volete fare ai lettori di Shiver?
Mangiate carne non più di 4 volte a settimana e non usate spesso lo shampoo, che fa male.
(Stakanovista Rock)
(Foto1/2: Saman Sadeghi)
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