Ciao a tutti, ben ritrovati. Ho avuto la fortuna di conoscervi in un concerto quasi familiare e, consiglio ai ns. lettori di assistere ad un vostro live, se ancora non l’hanno fatto. La carica e l’energia che regalate a qualsiasi pubblico È ormai un vostro marchio di fabbrica. Beh la prima domanda che vi faccio, É abbastanza scontata e direi suggerita da voi stessi: Are you Crazy or Crazy Crazy?
Crazy Crazy senza alcun dubbio.
Che cosa rappresenta per voi il ’68 e la cultura Beat?
Il ’68 per noi rappresenta l’anno dei conflitti sociali e delle lotte di classe. Uno tra i momenti di coscienza politico-sociale-culturale più alti della nostra storia. Una classe dirigente uscita da quegli anni che senza memoria sta governado questo paese. Un appuntamento mancato con la storia.
Esiste ancora una cultura o controcultura in questa società e in questo paese?
Assolutamente si, ma è profondamente sommersa e disorganizzata. Oggi internet resta il mezzo più potente per affermare una cultura altra, una comunicazione diversa dai mass media imperanti, ma tutto appare sconnesso, incapace di autodefinirsi come movimento, disgregato in mille sottoculture di scarso impatto ideologico.
In pochi sanno che il vostro progetto È totalmente autogestito ed indipendente, dall’etichetta alla promozione e, vedendo i risultati ottenuti, forse questa può essere una strada per i gruppi che iniziano a fare musica, che vogliono veramente suonare e non omologarsi alle logiche del mercato?
Questa è sicuramente una via possibile, anche se ce ne sono tante altre. Alcune più veloci, altre più lente. L’autogestione è sicuramente una via che consigliamo a tutte quelle band che non riescono ad ottenere una visibilità adeguata o una risposta positiva dalle labels.
Cosa sentite quando salite sul palco e qual’è il vostro obiettivo/dovere nei confronti del pubblico presente ai concerti?
Noi vogliamo conquistare e coinvolgere il pubblico, senza forzare i nostri atteggiamenti, promuovendo una logica più punk e meno teatrale. Non c’è una precisa sensazione legata all’inizio concerto, impossibile definirne una in particolare.
Quali sono le vostre ispirazioni letterarie/artistiche?
Dal punto di vista musicale, tutta la psichedelia a cavallo tra i ’60 ed i ’70, soprattutto quella più percussiva, the crazy world of Arthur Brown, i primi Pink Floyd, i primi Soft Machine fino agli anni 90 elettronici per tutto quello che riguarda gli aspetti tastieristici. In mezzo ci metteremmo anche i PIL, Devo, Contorsions ed i CCCP.
Che cos’è per voi la sperimentazione?
Non avere un giusto o uno sbagliato compositivo. Lasciarsi cadere in picchiata senza regole!!!
Che ruolo rivestono le parole?
Fondamentali, l’altro 50% della comunicazione musicale.
Una canzone/band che non può mancare nella vostra playlist personale
The End – Doors
I Offered It Up to the Stars & the Night Sky – Dirty Three
Ballata in fa diesis minore – Angelo Branduardi
Qual’è La Rivoluzione Silenziosa dei Crazy Crazy?
Basta essere buttati come dadi sputando un po’ di vita!!!
Il vostro futuro è?
Un nuovo disco a cui giù idealmente stiamo lavorando, abbiamo delle idee che stiamo sviluppando, sarà un disco sicuramente più incazzato.
In chiusura, vi chiedo se potete dedicare un messaggio ai nostri lettori.
Sperando che l’intervista vi sia piaciuta e di rivedervi presto in live, vi ringrazio per la vostra disponibilità.
Grazie lettori per averci letto, ora vi chiediamo anche di ascoltarci!!! A presto!!!
(Stakanovista Rock)
(Foto: Marcello Lotti)
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