“Le stelle spuntarono innumerevoli nella notte chiara e riempirono tutta la volta del cielo. Scintillarono come cose vive sul mare e avvolsero tutt’intorno nella sua corsa la nave, più penetranti degli occhi fissi di una folla attenta ed imperscrutabile come sguardi umani.
La traversata era cominciata e la nave, come un frammento staccato dalla terra, correva solitaria e rapida come un piccolo pianeta. Intorno ad essa gli abissi del cielo e del mare si univano in una irraggiungibile barriera”. (J. Conrad)
E mentre la notte scende sulle acque scure arriva il (primo) canto della sirena (dorata; “Golden Mermaids”); un lamento dolce e suadente. Un richiamo ipnotico. Un abbraccio mortale accarezza l’oceano apparentemente calmo, il quale inizia ad agitarsi e manda dagli abissi suoni post-rock (siamo al largo del mare dei Mogwai) con una tensione in levare che mette i brividi. L’elemento metaforico dell’acqua sembra ricorrente nel primo album della band; c’è il peso dell’oceano che ti inghiotte (“Golden Mermaids”) e che poi diventa quasi liberatorio “Mare mare mare/ voglio annegare (…) via via da queste sponde/portami lontano/sulle onde” (il rock malinconico di “Septembers” con il finale cantato in italiano ricorda, solo nella voce però, una conterranea della band; Maria Di Donna, aka Meg) e subito dopo arriva l’acqua salmastra che nutre le Mangrovie di un blues tetro e corrosivo (“Mangrove”) che riporta alla mente i paesaggi di un altro romanzo duro e morboso (Port Mungo di Patrick Mc Grath) o ancora (e mi fermo) “I heard rain drops falling down” nella semi acustica struggente ed orchestrale “Clouds”.
Defeated Songs è un album con brani eterogenei – si passa dalle atmosfere degli ultimi Anathema (“Rooms” e “Defeated Songs”) ai The Gathering post Souvenirs (“Golden Mermaids”) al mood malinconico e cadenzato dei Portishead (eliminando tutte le sovrastrutture elettroniche) di “Inner Season”- e tuttavia quello che lega bene, si attacca alla carne ed infetta il tuo sangue, è lo spleen che si respira tra le tracce dell’album, il quale si accomiata con la fragile “Lines Of Fire Bless The Mountain”; un minuto e mezzo di chitarra e voce, dove quest’ultima diventa soffice ed eterea (lo spettro di Hope Sandoval si aggira inquieto) prima di lasciarti stordito nel silenzio sofferente dei tuoi pensieri mentre le lacrime scorrono copiose… e io ti avevo avvisato.
(Antonio Capone)
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