Servisse un sottotitolo alla recensione che segue probabilmente opterei per qualcosa tipo “band/disco a cui bastano un paio di minuti per entusiasmarti”.
Già, perchè ascoltando l’album d’esordio di questi Vinegar Socks è dannatamente facile rimanere attratti dal modo in cui la chitarra e il violino si mescolano, indie folk è forse la definizione che si avvicina di più ma è ancora insufficiente, al punto che si potrebbe avvertire l’urgenza di farlo suonare per ore.
L’ ingrediente caratterizzante del disco al punto da meritarsi una menzione particolare è poi il mandolino (seppure il mio legame allo strumento si limiti a “let me let me let me get what i want” e poco altro): il duo italo americano ne fa un uso ricorrente e personalmente piacevole che aggiunge ad un suono a tratti fiabesco qualche tinta dal sapore, scusate la banalità, mediterraneo ma non solo.
Quella dei Vinegar Socks infatti è musica da villaggi disabitati, o luoghi di confine dimenticati, canzoni agrodolci che sarebbero perfette colonne sonore del tempo trascorso coi propri ricordi: le suggestioni che vengono in mente sono innumerevoli ma capisco che lo sforzo di rendere la poesia contenuta all’interno del disco non può che risultare goffo se non grottesco, perchè in fondo le parole non sono mai riuscite a descrivere davvero quel che succede tramite la musica (parafrasando Frank Zappa che ne sapeva una più del diavolo).
Scorrendo la tracklist si rimane stregati, come detto sopra, già dalla traccia d’apertura “Salesman in Love” e non può che essere altrimenti: una dolce ballata di mandolino e chitarra impreziosita da un cantato emozionante in special modo quando la voce cresce e mostra qualche fragilità. Se poi “Zeppo”, a seguire, sembra quasi una rapsodia in chiave balcanica e fa pensare a Beirut, con la splendida “Xylophone”, come anche con “Law”, ci si addentra in un folk più americano, ricordando Iron & Wine se si fa eccezione per la barba che qua latita. E così fino alla fine, senza che l’incanto affievolisca nemmeno per un istante, arrivano altre canzoni bellissime come “Life in the Sewer” con la sua incantevole parte di violino, “Chimney Sweeper” dal sapore epico o la più teatrale “Vacation from Vacation”, fino alla chiusura riservata alla cavalcata sghemba e da groppo in gola di “Before the Real”, per atmosfere non troppo lontane da quelle di Tom Waits.
Anche se forse qualche cuore infranto farebbe bene a stare alla larga da questo album, vale dunque decisamente la pena di avvicinarsi al mondo dei Vinegar Socks, non impiegherete molto tempo a restare affascinati da quelle melodie raffinate e forse finirete anche voi per lasciarle suonare fin tanto che il vibrato del dannato mandolino non vi sembri uscire direttamente dallo stomaco.
(Alberto Mazzanti)
Myspace – Scarica la compilation con il brano “Life in the Sewer”