Devi avere una notevole faccia tosta e tanta personalità nelle tasche se fai rock e fai partire il tuo primo album con una ballad. Molto spesso i debutti (ma anche chi è al secondo, terzo album e così via) concentrano le fiammate, ed i brani migliori, all’inizio per poi esaurirsi lentamente fino all’epilogo, non è una regola, però ricordo pochi album con una partenza tranquilla.
Non è stato così per la band siracusana che parte proprio da una traccia lenta ma appassionata; “I capelli raccolti di Annes”; un pianoforte suadente sembra quasi accarezzare quei capelli mentre tutto si colora di blu contagiando il finale in crescendo che resta lì, sospeso nell’aria. Segue “Perdo sangue” che spinge lievemente il pedale dell’acceleratore anche se il pianoforte resta di nuovo protagonista mentre le chitarre restano a guardare per quasi tuta la durata tranne poi cercare uno sfogo, alquanto represso, in chiusura di brano. È innegabile il retaggio musicale che vede gli Afterhours come padri putativi della band; In tutti i brani si respira l’aria opprimente di “Ballate per piccole Iene” (prendendo le dovute precauzioni, ovviamente), ne è la prova “N.M.R.T.” la quale prende letteralmente in prestito il violino “elettrico” e sanguigno di “Chissà com’è” o come la sezione ritmica di “La tua idea” ricalca la già più nota “La Vedova bianca”. Tuttavia il debutto dei Froben rivela molta della personalità dei musicisti che vi suonano al suo interno modulando nei vari brani i diversi aspetti sonori utilizzati, per esempio, la calda e solitaria fisarmonica quasi western nella titletrack oppure la “mosca bianca” (per un disco smaccatamente rock) di chiara matrice indietronica quale “Leaving my Syracuse”; ossatura ritmica ed accompagnamento elettronico di scuola Notwistiana accompagna una chitarra sconsolata ed il cantato in inglese (unico esperimento anglofono presente nell’album). I brani conclusivi portano il disco su per altopiani più irruenti (anche se le chitarre elettriche trovano posto, quasi sempre, da metà brano in poi): “Mille metri” si trastulla con i Radiohead di “Pablo Honey”, questi ultimi presenti anche nell’ultima traccia che aggredisce l’ascoltatore ormai sicuro di non imbattersi, proprio alla fine, nel brano più movimentato dell’album.
Partono lenti, prendono ad esempio due gruppi intoccabili della scena rock (italiana ed internazionale), mescolano le carte in tavola aggiungendo un pizzico di elettronica e testi incentrati soprattutto sulla sottile, e molto soggettiva, follia quotidiana suonando il tutto con mestiere e sicurezza. Vogliamo trovare almeno un difetto in questo bel debutto? Il cantato a volte resta un pelo in ombra rispetto alla struttura musicale. Quindi preghiamo Stefano Alì (il cantante) di trovare la giusta grinta nella voce per i futuri album, però ci piacciono molto anche così.
(Antonio Capone)
Myspace – Scarica la compilation con il brano “Perdo Sangue”
Aggiornamento 10/02/11: La band ha messo l’intero album in download gratuito QUI ma che puoi ascoltare nel miniplayer in basso.