Piove piove piove su Roma.
E se, normalmente, questo non provocherebbe altro che farmi rimpiangere ancor di più la primavera che si attarda, stasera l’atmosfera sembra quella giusta per ascoltare dal vivo uno dei gruppi più interessanti usciti allo scoperto negli ultimi mesi, i pisani Criminal Jokers.
Il loro disco di debutto, “This Was Supposed To Be The Future” (QUI la recensione), mi aveva decisamente colpito: canzoni rapide, nette, martellanti, rigorosamente in inglese, misto di influenze new wave e punk che mi aveva fatto pensare agli Interpol (giusto per citare un nome contemporaneo), il tutto condito dalla produzione di stampo folk del signor Andrea Appino, altrimenti conosciuto come front-man e cantante degli Zen Circus.
Avevo già apprezzato Il trio toscano in apertura proprio di questi, lo scorso novembre, rimanendo letteralmente estasiata dalla loro energia e dall’assoluta magneticità del cantante/batterista Francesco Motta; molti lo hanno definito una sorta di sciamano, e io non mi sento di dissentire…
In ogni caso, verso le dieci e mezza il piccolo palco del Dimmidisì è pronto, e sale la band di apertura, ossia i due Sadside Project, freschi vincitori del concorso musicale fiorentino Rock Contest.
Romani, elettrici, “sporchi” nel senso più white-stripesiano del termine, i due mettono in piedi venti minuti di rock blues coinvolgente e adrenalinico – un casino della miseria, diciamolo!
Non è facile riuscire a catturare una platea in una manciata di minuti, riuscendo a trasmettere chiaramente la propria carica: onore ai Sadside Project!
Giusto il tempo di riapparecchiare il set, ed ecco i Criminal Jokers.
Originali a partire dalla formazione (chitarra, basso acustico e un’ossatura di batteria che il cantante suona in prima linea), i tre iniziano subito con la martellante title-track, per poi far correre in rapida successione brani editi e inediti; non c’è molto tempo di respirare fra una rullata e un secco giro di basso, non si può che essere investiti dalla quasi malata presenza scenica di Motta e dalle, forse più riservate, robuste architetture di Pellegrino e Betti.
I Criminal Jokers sono spiazzanti: non appena ti lasci andare, non appena i corpi si sciolgono nel ritmo, ci sono le parole, ci sono le urla del vocalist, a ricordarti come una vena blu e viola di rassegnazione pervada le loro canzoni.
Una delle più significative è “Killer”, resoconto fedele della patologia mentale di un giovane e affascinante assassino, deliziato dalla visione della sua compagna cui ha appena spezzato il collo, composizione che si appoggia su una melodia orecchiabile e, proprio per questo, ancor più inquietante. O, ancora, “Sweet Blonde” risulta invece la meno riuscita ma più sofferta e partecipata, in cui forse una certa imprecisione da parte dei musicisti si sposa con un Francesco Motta teatrale e quasi schizofrenico, mentre passa da una smorfia femminile a un incazzato “You Bitch!”.
Nel complesso, mentre io scivolo fra il pubblico in cerca del punto migliore in cui fare le foto, posso sentire che la band ha fatto centro, specialmente su chi non aveva mai avuto l’occasione di vederli live prima – e giustamente.
Per quanto mi riguarda, ho forse da rimproverargli la gestione della scaletta: a mio parere, troppe ritmiche tirate una vicina all’altra, mentre di fatto tra un brano e l’altro non c’è pausa, non c’è un attimo di tregua in cui assaporarlo veramente, se non qualche parola smozzicata e vagamente terrorizzante da parte del front-man.
Ancora qualcosa da sistemare, allora, su un concerto “completo” e di più di un’ora (compreso un ottimo, improvvisato bis), ma resta il fatto che i Criminal Jokers si confermano una realtà tra le più fresche e innovative del panorama alternativo italiano.
Inoltre, ottimi per affrontare la pioggia.
Provare per credere!
(Giulia Delprato)
Foto: Giulia Delprato