Ayu si sveglia nel pieno della notte. Il sonno è stato ristoratore ma vagamente inquieto. Poggia i piedi sul pavimento freddo ed instantaneamente una scarica elettrica si aggrappa alla sua colonna vertebrale. Si alza e la prima cosa che fa è avvicinarsi al grande finestrone della sua camera da letto; da lì, al quindicesimo piano, la città sembra tutta racchiusa in quel rettangolo di vetro. la notte regala uno spettacolo iperrealistico e colorato; le auto disegnano ad intermittenza percorsi indefiniti e gli edifici intorno sembrano tubi di Led luminescenti.
Il cuore di Ayu batte forte. Forte come i beats generati da Chris e Matt in “A42”, il brano che apre l’esordio del trio londinese a nome “Condors”; dalla sua bocca fuoriscono i primi suoni con i quali infrange il vetro davanti a sè, formando migliaia di schegge colorate che fluttuano nell’aria, raggruppandosi in otto grandi blocchi, ognuno dei quali sprigiona un liquido chiarore;
Grovigli di dub step (la succitata “A42”), suoni lontani ed intermitteti (“Four layers of Pink”) che si innestano su ossature industrial (“Squid Cat Battle”) dove Ayu Okakita sembra una banshee disperata alla ricerca di pace mentre quella chitarra nel brano le lacera il corpo. Ed ancora, segmenti strumentali tra chitarra noise su ritmiche drum ‘n bass (“Scattered”) con un finale inaspettato che cambia le carte in gioco oppure le soluzioni synthetiche e cupe di “Apples & Pears” tanto care ai Telepopmusik periodo “Angel Milk”. Ma è durante “Condors”, basso f(p)unk e percussioni cattive, a fuoriuscire la lezione impartita da Bjork, madre illeggittima della cantante dei Nedry o più probabilmente ascoltata fino a perdere i sensi, perchè il risultato della voce è stupefacente. Il finale è riservato al trip-hop sognante di “Swan Ocean” e “Where the Dead birds go”; quest’ultima sospesa tra pattern elettronici distorti, riflussi d’aria rarefatta tra spazi pieni e vuoti, ed un mantra vocale ipnotico che riverbera fino alla sua conclusione.
Ayu guarda la città e scorge in lontananza quelle otto grandi masse musicali diventare sempre più grandi, convinta del fatto che la loro fascinazione riuscirà a contagiare le persone che le osservano incuriosite.
(Antonio Capone)