Iniezione Endovenosa: “Questa tecnica consiste nell’introduzione diretta, nel circolo sanguigno venoso, di una sostanza tramite un ago inserito in una delle vene accessibili. L’iniezione endovenosa ha diversi pregi e diversi difetti. Il pregio principale consiste nel fatto che, iniettando il farmaco direttamente in vena, si saltano tutte le barriere di assorbimento e si raggiunge con certezza una elevata concentrazione della sostanza nel sangue”.
Ovvio questo non è il luogo adatto per disquisire di medicina, anche se la musica in molti casi potrebbe essere considerata tale, ma questa definizione calza bene per spiegare in qualche modo, sia il moniker adottato dalla band livornese sia la proposta musicale arrivata al secondo album (il primo album “La Sfilata di Cerbero” risale al 2007) consolidando le proprie capacità di interpretare un certo tipo di musica che si potrebbe definire tranquillamente come “Nuova scena Rock Italiana” per la quale paga debito alla “vecchia scena” (Afterhours e Verdena su tutti) con valide band come Ministri, Grenoullie (giusto per citarne due) e gli Indovena appunto.
Questo nuovo album alterna, proprio come il moto del mare e della marea accennata nel titolo e cantata nell’ultimo brano “Diamond”, momenti di aggressività Alternative-rock a momenti apparentemente più quieti e riflessivi. Fanno parte della prima categoria l’incendiario inizio con “Tutto a centotrenta” che nei testi pesca nel sociale, provando anche ad avvisare il “Presidente” (lascio a voi ogni interpretazione) del fatto che “ci rimetterà il cuore”, anche “La Fine” non scherza in quanto a cattiveria sonora post-grunge ma è con i due atti di “Fedor” che il trio si avvicina, ai riffoni abrasivi di Josh Homme periodo “Song for the deaf” con un finale inaspettato come uno schiaffo in faccia; altresì nella conclusiva “Diamond” i nostri si concedono una risacca sonora formata da lampi di tensione alternati ad attimi più tranquilli per sfociare nel finale ossessivo e scontroso. L’altra metà del disco invece si discosta dalla formula totalmente aggressiva per dare più respiro a melodie facilmente assimilabili (ma non banali, sia chiaro) e testi più intimi; ne sono un esempio il bel singolo (radiofonico) “Il Sogno di Yoko” o “Il Dono” dove si ascoltano per la prima volta (in questo album) delle morbide chitarre acustiche intercambiate più volte con quelle elettriche su un testo abbastanza personale: “Sei l’incantesimo che non voglio distruggere/la perfezione dolce di cristallo fragile/ma salgono gli insetti viscidi sopra di noi/ e lentamente uccideranno tutto ciò che sai/ Se avessi un cuore io te lo darei/se avessi un cuore te lo donerei”.
Il trio conferma con questo nuovo capitolo discografico le proprie potenzialità compositive con un album onesto e pieno di grinta, che fa ben sperare in sede live, tuttavia con un pizzico di audacia in più avrebbero realizzato un grandissimo album.
(Antonio Capone)
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