Buio in pista. L’attesa si palpa, densa e sudata, con le dita che si allungano per toccare qualcosa di indefinito nell’aria.
Parte il suono sintetico che si aggrappa ai corpi in movimento e le luci vengono sparate in sincrono con la musica per rendere il tutto ancora più intenso. Un attimo di stordimento, poi parte la batteria pulsante che detta i tempi ed entra la chitarra; Arriva “Twister” e ti scaraventa dall’altra parte della sala con tutto il suo carico di suoni pieni, i quali non lasciano spazio a tentennamenti. Bisogna scuotersi, ballare, perchè restare immobili è impossibile. Si viene incalzati dalle voci che urlano “…and every motherfucker… Motherfucker!!!”.
Si continua così per buona parte del debut album dei veneziani Wora Wora Washington; “Techno Lovers” è un concentrato di energia che viene filtrata tramite synth techno su basi e chitarra post-punk .
“Seven Days” e “Mike’s Head” si misurano, dotate di una certa ambizione, con la scena power-rock europea (quella inglese in particolare) dove i suoni sintetici passano su livelli differenti e danno spazio agli strumenti tradizionali che cesellano un suono corposo e dinamico, ricordando molto i primi Bloc Party.
Le spirali elettroniche di “Ten second” si aprono a certi passaggi a là The Faint di “Danse Macabre”, sputando addosso tutta la voglia di farsi possedere e consumare fino allo sfinimento.
“Daisy” smorza un pò i toni ballabili donando un attimo di tregua. La chitarra dipinge un affresco neo wave che rischiara per un attimo il buio con le sue luci intense e baluginanti, lasciando asciugare il sudore sulla pelle. Ma la tregua è terminata perchè “Heart Ingestion” e “Drum Machine” riprendono in mano la situazione con il mix new rave di Klaxon e Does it Offend you, Yeah! frullando il tutto con una fascinosa personalità. Non c’è tregua con i WWW che confezionano un album composto da 10 tracce in soli 32 minuti di musica, in bilico tra elettronica influenzata dai New Order, ma rimaneggiata e riportata in una veste attuale, e quella frenesia rave, la quale ha contagiato molte band che fanno (ab)uso abbondante di synth nel panorama rock. Il tutto condito dai testi fluidi della scrittrice Giulia Galvan, la quale amalgama sapientemente parole e musica.
Se proprio si vuole trovare un difetto in “Techno Lovers” possiamo dire che la traccia strumentale di chiusura “Cooking Meringues” non valorizza quello che di buono è stato proposto nell’album, ma è un dettaglio trascurabile perchè esausti e appagati continuiamo a ballare.
(Antonio Capone)
Myspace – Scarica la compilation con il brano “Charleston Dancer”
http://www.youtube.com/watch?v=O3KN-lrujhc