Spinti dall’aspirazione di supportare il messaggio artistico evocato dalle creazioni di Antonello Pelliccia, che dispone, nel suo”ice-eyes garden”, sessantasei sassi trasparenti luminescenti in resine e led, i Kobayashi si esibiscono alla 53° edizione della biennale di Venezia con nuove sonorità per lo spazio urbano in sinergia con le metamorfosi sul luogo, apportate dall’uomo. Accade a volte che una musica interiorizzi cosi tanto un’opera d’arte al punto da partorirne un’altra: prodotto assieme ad Edorado Magoni si fa largo nella discografia “In Absentia”, secondo lavoro dei Kobayashi . Le quattro tracks che compaiono nel disco danno spazio a una pluralità caotica di strumenti che non ti lasciano il tempo di assimilare un’armonia chiave. Percepisci che c’è qualcosa, ma non ti rendi conto subito del fatto che stai ascoltando un disco. E’ come se un rito magico venisse consumato ogni volta che la viola si fa più prepotente e insinuazioni di strumenti come theremin, marimba, vocoder e microkorg fanno di “In Absentia” un disco sperimentale per una band tipicamente post rock e guitar mode. Cambi armonici improbabili aumentano una tensione latente che nel disco non viene mai abbandonata; questi stessi cambi armonici mescolati a ritmiche tribali e primitive tipiche del post rock riconducono a un certo filone indie e di nicchia di cui sono al vertice gli Air. In “Lei Non Sa Chi Sono Io” l’inaspettata intromissione della “lingua madre” nel brano libera l’animo dell’ascoltatore che si perde definitivamente nei Kobayashi.
(Barbara Sica)