Forse è un segnale o forse solo una coincidenza, ma conoscendo i personaggi che animano il progetto musicale a nome Massive Attack propenderei più per la prima ipotesi. Rilasciare il nuovo album proprio nei primi mesi di una nuova decade e come voler dire a tutti “Ok, noi ci siamo ancora, non siamo mai spariti e questo è il suono della nuova decade(nza)”. Non ho usato a caso la parola decadenza, perchè il suono del duo (?) di Bristol si stringe intorno a passaggi molto plumbei e scuri, come se all’orizzonte di quell’isola che dà il nome all’album ci fosse un mare torbido e insondabile da navigare.
Tutti e quattro i brani contenuti nell’ep “Splitting the Atom” sono presenti anche all’interno di “Heligoland” (“Psyche” nell’ep era stata rivisitata da Van Rivers & The Subliminal Kid, mentre “Bulletproof Love” prende ora il titolo “Flat of the Balde” ed è sempre cantata da Guy Garvey degli Elbow), e questo bastava già a far capire come sarebbe stato il suono dei Massive Attack in questa nuova decade.
“Pray for Rain” apre le danze ed è identica al brano di “Splitting” con Tunde Adebimpe dei TV on the Radio che adagia la sua voce in quello che potrebbe sembrare inizialmente un requiem, per poi aprirsi ad uno squarcio di sole momentaneo (anche se il titolo inneggia alla pioggia) e ricadere di nuovo nell’ipnotico, lento e percussivo finale.
Non mancano situazioni molto più movimentate, affidate soprattutto alle features femminili; “Babel” e “Psyche” in cui canta una vecchia conoscenza del combo, quella Martina Topley Bird tanto cara anche a Tricky e “Paradise Circus” dove la performance di Hope Sandoval rende il brano trasparente e avvolto in un patina di leggerezza.
Le figure maschili, invece, ammantano l’aria con un senso generale di rassegnazione, o almeno è quello che mi trasmettono nel cantare: tralascio i brani già ascoltati nell’ep (“Splitting the Atom” e “Flat Of The Blade” la prima praticamente identica, la seconda tanto più lenta e dilatata nel remix dell’ep, quanto drammatica e tesa con i fiati sintetizzati nella versione dell’album) per arrivare a “Girl I Love You”, dove uno struggente Horace Andy in evidente stato di grazia tocca i livelli emotivi pari ad “Angel” e “Man next door” intonate 12 anni prima e “Rush Minute” dove il deja-vù di esser ritornati indietro di due decadi e masticare le soluzioni sonore tanto care a “Mezzanine” (“Dissolved Girl” e “Group Four” su tutte) è palpabile: In quei momenti l’inerzia strisciante veniva cantata e musicata (anche se il brano di allora era abbastanza tirato) mentre negli ultimi due brani si avverte proprio quello stato d’animo, e più in generale nello spleen dell’album tutto, il quale lascia in un primo momento interdetti e poi affascinati dalle cromature cangianti che si affacciano di volta in volta, ascolto dopo ascolto. In “Saturday come Slow” la voce di Damon Albarn non è mai stata così disperata nel chiedere la conferma di un sentimento forse non più recuperabile, mentre la conclusiva “Atlas Air”, cantata da 3D, apre spiragli su un suono meno disfattista e cupo, ma allo stesso tempo magnetico. Heligoland non è quell’isola felice ed incontaminata, nella quale tutti aspirano viverci, bensì un luogo abitato da strane creature mutanti, abituate al cambiamento continuo e quindi difficilmente eticchetabili. Ma noi conosciamo bene quelle creature e ci fidiamo dei frutti che ci offrono da mangiare.
(Antonio Capone)
Qui è possibile scaricare il remix di “Girl i love you” rimaneggiata dagli She is in Danger