Io partirei proprio dalla coda del titolo perchè l’ultimo album dei Dredg è stato un pò deludente. L’ultimo disco in studio della band, sia chiaro, è sempre una spanna sopra la media perchè i nostri possiedono quella sensibilità musicale data in dono a pochi altri gruppi:
El Cielo fece gridare al capolavoro per il modo in cui tutto sembrava collimare; la macchina Dredg era ai tempi assolutamente perfetta. Non una sbavatura una. Nessun calo di tensione. Un disco che rasenta/va la perfezione. Poi fu la volta di Catch without arms, il quale mostrava al mondo che la band americana ci sapeva davvero fare con gli intrecci sonori e le melodie tanto complesse quanto immediate. Ora invece arriva The Pariah, The Parrot, the delusion e sembra quasi che la band abbia deciso di essere più “fruibile”, di poter essere avvicinata da un pubblico maggiore e meno esigente. Non è peccato fare ciò, se non sminuisci quello che ti ha portato in alto ma il gruppo in poco meno di un ora snocciola 18 brani (di cui 5 “percorsi” brevi tra le varie canzoni); una sorta di bignami musicale che racchiude tutto il mondo dei Dredg dagli albori fino a l’altro ieri ma il risultato è altalenante.
C’è da dire che il disco si ascolta sempre con molto piacere ed interesse, ma “El Cielo” è stato già toccato e si inizia lentamente a ridiscendere in terra.
(Antonio Capone)